“Raffiche di Bugie a Via Fani”, estratto del libro di Piero Laporta

di Piero Laporta
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È possibile leggere il Prologo e l’indice qui https://bit.ly/3WiVuP3.

Raffiche di Bugie a Via FaniIl libro è strutturato in tre parti.
La Parte Prima svela la Desinformatsiya di Stato, di uomini dello Stato italiano – non del KGB o della CIA – dello Stato italiano, prolungatasi vergognosamente per quasi mezzo secolo.
La Parte Seconda svela i messaggi duali di Aldo Moro nella lettera alla moglie del 27 Marzo, mai partita, e nella lettera a Cossiga, pubblicata due giorni dopo.
La Parte Terza, facendo perno sui fatti accertati nella Parte Prima e Seconda, offre una ricostruzione attendibile di quanto davvero avvenne a via Fani.

L’analisi delle lettere, operata con mezzi artigianali da chi scrive, poteva quindi essere compiuta dagli inquirenti fin dal 16/3/1978. Lo Stato fu e, in notevole parte, è tuttora impegnato a nascondere e falsificare le prove, non a trovarle. L’analisi filologica delle lettere renderebbe superflua la decrittazione degli anagrammi al fine di dimostrare che il Presidente in via Mario Fani non c’è.
D’altronde, lo “scostamento” delle armi fornisce la prova che egli non poteva esserci mentre sparavano. Tanto fu confermato da Abu Bassam Sharif, terrorista palestinese di primo livello, addestrato dai servizi sovietici: «Le BR non hanno rapito Aldo Moro» e aggiunse «Le BR non avevano la possibilità di uccidere cinque guardie del corpo senza che Aldo Moro venisse ferito».

Il Presidente fu “prelevato” e non andò mai a via Fani, di cui d’altronde non c’è il minimo cenno nelle sue lettere, mentre pensa, eccome, alla sua scorta col magistrale «intuisco», cui abbiamo dedicato un capitolo.

Sono stati decrittati gli anagrammi nella prima lettera a Cossiga del 29 Marzo e a Zaccagnini del 20 Aprile. Non sono stati decrittati altri perché v’è il rischio che il Presidente, sfinito e torturato, come d’altronde egli stesso scrive, non abbia potuto completare l’opera.
Per un verso, siamo quindi certi che i primi sei anagrammi sono veri (provengono da manoscritti di Aldo Moro, hanno senso finito, con un significato peculiare e interconnessi), allo stesso tempo si rischierebbe, in carenza d’un potentissimo elaboratore e d’un adeguato programma, l’inseguimento d’una lepre che non c’è, rincorrendola invano anche per anni, senza risultato e senza la certezza che essa vi sia o meno.
D’altronde, gli anagrammi univocamente individuati hanno possibilità pari allo “zero statistico” d’essere frutto d’una coincidenza.

Seppure possa rimanere un dubbio, con l’intelligenza artificiale e coi super computer di cui oggi dispongono i centri universitari di calcolo, si potrebbero asseverare come una prova da tribunale, come il DNA. Basterebbero un paio di settimane.

Da questo capitolo in poi, si va a fornire al lettore la più attendibile descrizione possibile di quanto avvenne a via Fani, sulla base dei dati oggettivi emersi nell’inchiesta precedente e di ulteriori fatti certificati nel libro.
Per ottenere questo risultato inquisiamo la descrizione della strage sottoscritta dal Viminale, quindi le autopsie di Oreste Leonardi, Domenico Ricci e Francesco Zizzi.
La regia del colpo di Stato non fu grossolana, bensì accurata, attenta al dettaglio, a ogni possibile interferenza e conseguenza; tutto pianificato con cura.

Le bugie dello Stato e dei BR con la complicità della stampa asseverano le nostre ipotesi.
Tutto si mosse con magistrale e armoniosa capacità di dividere le proprie risorse e ricongiungerle, col massimo del profitto. Al contrario, l’inchiesta giudiziaria fu dozzinale, pasticciata, dilettantesca.
Bastino alcuni esempi, ricordando le recenti profacole televisive. Il lettore ha gli elementi necessari per comprendere quanto lontano sia dal vero descrivere la strage di via Mario Fani come un western; i BR cow boy, incontratisi davanti a un saloon malfamato, attendono due auto. Gli assalitori, senza alcun addestramento, sparacchiano in tutte le direzioni, non sanno neppure essi stessi dire come hanno fatto; bim bum bam, dopo due minuti, 5 agenti sono morti.

Aldo Moro, rimasto in paziente attesa della conclusione del frastuono, scende dalla Fiat 130 (dopo essersi pulite le scarpe imbrattate del sangue dei suoi uomini?); docilmente trasborda con le sue gambe su un’altra auto.
Sembra impossibile, per quasi mezzo secolo, uomini delle istituzioni ed esperti giornalisti hanno bevuto queste tossine virali, infettando la gente comune. Istituzioni e redazioni zelanti a propalare.

Il libro “Raffiche di Bugie a Via Fani – Stato e BR Sparano su Aldo Moro”, edizioni Amazon (leggi qui https://amzn.to/3WonDnz ) fa finalmente luce sulle bugie dello Stato e della stampa, in coro coi BR.

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