Strage di Erba, le “confessioni” e la prova regina dell’innocenza

Strage di Erba

LE CONFESSIONI – “Le dichiarazioni auto accusatorie” di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, “sono da considerarsi false confessioni acquiescenti“. “Tali conclusioni si fondano sui più recenti ed avanzati dati scientifici che corrispondono ai criteri che, se mancanti, rendono le confessioni, false confessioni” sostiene il pg di Milano Cuno Tarfusser nella richiesta di revisione del caso, su cui la trasmissione tv ‘Le Iene’ ha svolto una contro inchiesta. Una conclusione dettata dai consulenti, consultati dal magistrato, documentata in ben 16 allegati che si rifà a “recenti ricerche scientifiche successive al 2010”, ma anche “sulla base degli elementi nuovi, e altri già presenti nel fascicolo processuale ma mai valutati”.

LA PROVA REGINA

La macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini, che sarebbe stata trovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano, non è una prova regina della colpevolezza di Olindo e della moglie Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba, ma è invece la prova regina della loro innocenza. Ne è convinto il pg di Milano Cuno Tarfusser che nella sua richiesta di revisione del processo prova a sgretolare le tre prove che hanno portato alla condanna in via definitiva. In particolare, si legge nelle 58 pagine firmate dal magistrato della procura generale, “le caratteristiche della traccia ematica, cosi come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo e repertazioni eseguite”. La repertazione e documentazione dei prelievi “appare assai carente circa il rispetto di comuni parametri di attendibilità e verificabilità scientifica, ancora di più qualora si riporti la competenza di tale attività in ambito forense”.

Questa ‘scientificamente accertata inconciliabilità’ tra la traccia repertata e la traccia analizzata “pone una serie di domande in termini di genuinità delle attività compiute e degli atti redatti che non possono rimanere senza risposta” sottolinea il pg che sembra mettere in discussione il lavoro svolto sul caso. “La domanda di fondo – scrive il pg Tarfusser – riguarda il perché questo accertamento, delicatissimo e potenzialmente decisivo, alla ricerca di possibili tracce riconducibili ai delitti commessi viene svolto a 15 giorni di distanza, alle ore 23, da un solo brigadiere dei carabinieri e non, con tutti i crismi in termini di professionalità, competenza e con la strumentazione tecnica adeguata, dagli specialisti del Ris già sul posto”.  ADNKRONOS

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