Zelensky a Sanremo, Freccero: “C’è dell’altro. Vi spiego perché”

Carlo Freccero

Zelensky a Sanremo, il massmediologo ed ex direttore Rai Carlo Freccero: “I partiti contano sempre meno e alla gente è stata tolta la cultura per opporsi a un potere che ci fa vivere nel controllo” Zelensky a Sanremo. Non è un’esagerazione propagandistica? Nel nostro interesse, dovremmo lavorare per la pace. Ma è questo il modo?

di Antonio Amorosi –  (www.affaritaliani.it) “E’ un chiaro atto di propaganda. E’ sempre stato necessario far accettare alla gente l’azione impopolare della guerra, dove le vittime sono i popoli, comunque la si veda. Ma c’è dell’altro. Siamo nella cultura ‘Woke’ e nella ‘Cancel Culture’, assorbite dal Pd, la principale forza della sinistra italiana”.

Potresti spiegare cosa sono?

“Sono quei processi culturali che hanno sostituito la nostra cultura con culture che non mettono mai in discussione il potere. Pensiamo al piccolo esempio del festival di Sanremo, al mondo musicale che da anni domina la scena: sono tutti contestatori e trasgressivi come i Måneskin, Achille Lauro, Fedez, ecc. Ma sono tutti contestatori apparentemente contro qualcosa. ‘Woke’ significa ‘risveglio’ ed è quello che noi intendiamo per ‘politicamente corretto’. Un costrutto culturale molle che non ha mai una visione d’insieme della realtà, anche solo poetica nel nostro caso per Sanremo o anche solo nuova”.

La Rai di Bernabei avrebbe mai invitato Zelensky?

“No, no, non è assolutamente possibile, siamo in un altro scenario, molto più complesso. Bisogna tener presente che oggi la forma di governo strutturale della società è l’emergenza. Viviamo in un’epoca di cancellazione dei diritti e l’unico modo per ottenere questo risultato, immediatamente, senza suscitare opposizione, è proprio l’emergenza. Pensiamo ai Teorici delle Elites, guardano all’emergenza sanitaria come ad un’opportunità per resettare la società”.

Covid, guerra, crisi climatica, crisi energetica e prima l’estremismo islamico. Tutte emergenze drammatiche ingestibili che a un certo punto spariscono dalla scena, sostituite da altre emergenze drammatiche ingestibili. Siamo in un grande show collettivo?

“La cosa curiosa è da dove è partito questo governo dell’emergenza: è partito dal 2001 con l’attacco terroristico dell’11 settembre. Ieri c’era la pandemia, oggi la guerra e l’Agenda verde. Quindi capisci che l’emergenza poi si confonde o meglio si intreccia con quello che il filosofo Agamben chiama lo stato di eccezione permanente. La guerra ha avuto un successo talmente insperato che non solo non c’è alcuna opposizione ma genera una sorta di ipnosi…”.

Solitamente sono i giovani a protestare. Ma la pervasività delle tecnologie, con le nuove generazioni cresciute dagli smartphone a far loro da babysitter, permette loro di essere ancora in grado di sentire empatia con gli esseri umani, di generare un’opposizione a questo modello di società, a una lotta per la libertà?

“Questa è la domanda chiave. So solamente che il controllo sociale è diventato un’ossessione del potere e la nostra società ha cercato in qualche modo di appellarsi al modello di controllo della società cinese. I nostri dati registrati dai dispositivi digitali servono a che cosa? Ad elaborare scenari predittivi che si estenderanno alla vita futura da costruire”.

Ti propongo una riflessione: se oggi non vi fosse un governo di centro destra avremmo restrizioni sanitarie sullo stile ‘non ti vaccini, ti ammali, muori”, prive di qualsiasi base scientifica, quelle che abbiamo visto durante la pandemia; eppure le forze culturali della sinistra si sono sempre vendute come entità che storicamente lottavano per la libertà, per i diritti civili. Ma sono le stesse che hanno imposto quelle restrizioni mai viste. Come si spiega?

“Qui si apre un tema fondamentale: cosa è successo nella sinistra? La sinistra ha fatto suo il sistema americano. Il Pd, che è il principale partito della sinistra, nasce come fotocopia del Partito Democratico americano. E del Partito Democratico americano non ha preso solo l’impostazione ma anche la cultura. In generale abbiamo sostituito il nostro sistema politico con un sistema in cui la sponsorizzazione è legittima perché è iscritta a bilancio. Le campagne elettorali sono sempre più espressione di lobby. E la politica diventa un grande show e si fa con il marketing. Questo modo di fare politica all’americana contagia tutta la società e fa sì che tutti siano schierati sulle stesse posizioni”.

Ma è ancora possibile un’alternativa, se i partiti sono tutti schierati sulle stesse posizioni?”

“Appunto. Il problema è che noi ragioniamo ancora con parametri novecenteschi, in termini di Stati, partiti, pensando alla guerra parlando di patrie, mentre gli interessi economici sono sempre globali. Oggi le decisioni non le prendono gli Stati ma le grandi organizzazioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, il WTO, l’OMS, come hai tante volte scritto tu, l’ONU che porta avanti l’Agenda verde. Queste organizzazioni non rispondono agli Stati ma ai loro maggiori finanziatori. Vedi l’OMS, che ha tra i maggiori finanziatori Bill Gates. Gli Stati cosa fanno? Si limitano a sottoscrivere quelle decisioni nei trattati, come quello dell’epoca di Renzi che ha fatto dell’Italia la punta di diamante della sperimentazione vaccinale. E se gli Stati non contano più, ancor meno contano i partiti che tramite il Parlamento dovrebbero guidare gli Stati. Tutti i partiti non hanno alternative perché le decisioni si prendono altrove: possono solo spartirsi i fondi di progetti come il piano del PNRR. Capisci questa situazione? La sinistra è così esageratemente atlantista perché ha assorbito in modo spasmodico la cultura americana. Come mai siamo tutti filo americani?

Come mai?

“Siamo stati colonizzati con la globalizzazione. I partiti contano sempre meno perché le decisioni vengono prese da organizzazioni internazionali che passano sulla nostra testa. Così sono tutti per la guerra come erano tutti per il vaccino come unica risposta alla pandemia.”

Perché non lo si comprende?

“Perché oggi la lotta non è più tra destra e sinistra ma tra chi sta alla base contro chi è al vertice della piramide. Ma il potere comincia a personificare anche l’opposizione, come scriveva anni fai il filosofo Guy Debord: oggi i movimenti di protesta spontanei contro il potere sono spariti perché il potere li ha sostituiti con movimenti di protesta che in qualche modo non centrano il tema cioè la lotta tra il popolo e le l’Elites. Il potere globalizzante per omologarci ha imposto la cultura ‘Woke’ e la ‘Cancel Culture’”.

Non ci si pone più il problema del potere…

“Il Pd ha sostituito la cultura con la visione americana delle minoranze. Pensiamo al femminismo di oggi: sono le donne contro le discriminazioni, le donne contro gli uomini. Poi abbiamo i ‘neri’ contro i ‘bianchi’, i gay contro gli etero. Ma nessuno di questi mondi ha gli argomenti per una visione d’insieme. Esercitano cioè rivendicazioni di minoranze che in qualche modo vogliono tutelare i più deboli ma in realtà non vanno al nucleo del problema: come si genera questa realtà in cui soffrono? Ecco il problema del potere”.

Nella società dello spettacolo in cui viviamo, in cui ogni accadimento, anche drammatico, viene comunicato tramite lo spettacolo, scompare chi detiene il vero potere. Ma è proprio questo potere a generare la stessa società in cui si vive, fatta di disuguaglianze sempre più violente…

“Esatto”.

Queste minoranze protestatarie è come se… volessero far partecipare i più deboli alla società dei consumi. Ma le persone sono prima di tutto esseri umani e non consumatori…

“Perfettamente. Sono minoranze e le loro rivendicazioni sono in qualche modo digerite dal potere. Oltretutto sono tutte rivendicazioni contro il razzismo, la differenza di genere, il colonialismo, il femminismo, lo specismo, bisogna difendere gli animali, che la nostra cultura europea ha già ampiamente digerito. Ma servono al potere perché convogliano le frustrazioni in qualcosa di impotente. Vanno a spostare quello che è il tema centrale: chi è che ci comanda? Come lo fa? Con quali conseguenze sulla nostra vita reale? Il ‘Woke’ è una cultura che innesca un conflitto permanente in seno alle masse per impedire loro di indirizzare il conflitto contro i poteri al vertice, non dà fastidio a chi comanda davvero”.

Non mettono cioè in discussione i rapporti di forza nella società? Quindi chi è sfruttato e sta male continuerà ad esserlo?

“Precisamente. Il Pd italiano, che è la fotocopia del Partito Democratico americano, è diventato tutt’uno con questa cultura ‘Woke’”.

La società dello spettacolo, di cui parlava Debord, spiegava già bene questi concetti…

“Viviamo cioè in un mondo di rivendicazioni che non danno fastidio al potere. E il potere stimola questa cultura fragile che impedisce alle masse di ribellarsi”.

Negli ultimi 30 anni la qualità della cultura letteraria, cinematografica, musicale, figurativa, visiva è diventata talmente scadente da non generare novità. Vedremo mai più la potenza creativa di gruppi musicali come i Led Zeppelin, un nuovo Kubrick nel cinema, un Picasso nella pittura?

“Questo è molto facile capirlo. E’ appunto il tema della ‘Cancel Culture’. Tutto il passato viene cancellato. Questa omologazione alla cultura americana è passata come un rullo compressore sulle differenze culturali che rappresentavano la ricchezza dell’Europa e dell’Italia e quindi che cosa è successo? È successo che un unico valore in fin dei conti è rimasto: il profitto. Un valore totalizzante che in questa forma non è un valore prettamente europeo ma è il valore”.

E dato questo valore totale cosa fanno partiti e gruppi che incidono nella società?

“I partiti devono pure parlare di qualcosa. Allora assorbono la cultura ‘Woke’ che parla di minoranze sofferenti, discriminate ma che mettono in piedi conflitti innocui e che il mercato accetta molto bene”.

Avremo altri consumatori che non mettono in discussione un bel niente. Con la globalizzazione si è cancellata la nostra cultura e le radici che hanno generato mondi, arte, società vivibili

“Esattamente. In questo terreno è normale che arrivi Zelensky a Sanremo che come tutti sanno è un presidente ex attore comico che aveva già interpretato in una fiction il ruolo di presidente, quindi ha grandi grandi referenze ‘spettacolari’ e il passaporto in regola per andare anche sul palco dell’Ariston”.

Chiaro…

“Siamo nella cultura ‘Woke’ e nella ‘Cancel Culture’. Questi Sanremo degli ultimi anni più che occuparsi di musica si occupano di presunte trasgressioni, di look transgender, in quanto anche la musica è stata profondamente contaminata dalla cultura ‘Woke’. E anche qui Zelensky ha il passaporto in regola perché si è rivelato idoneo per il ruolo: tutti conoscono i suoi balletti, con tacchi a spillo e lingua fuori dalla bocca, nudo in un perfetto stile Måneskin. Come i virologi chiedevano di vaccinarci sulle note di Jingle Bells così Zelensky andrà sul palco di Sanremo a chiedere conflitto e armi. Ma siamo sempre di fronte alla brutalità della guerra e la maggioranza ha un rifiuto per questa spettacolarizzazione ad oltranza. La guerra significa morte”.

Ci resta ancora qualcosa di umano…

“C’è questo istinto di sopravvivenza che ci salva ancora e poi si vive male, con tutta una serie di problemi economici e sociali gravi, l’energia alle stelle, il controllo. Ma è facile capire come il cerchio si chiuda e Zelensky a Sanremo sia un fenomeno comprensibile nel mondo culturalmente devastato in cui viviamo, dove la sinistra italiana ha cancellato la nostra cultura per sostituirla con quella americana che nega il conflitto come motore della società”.

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