Il sacrificio di Michelle, ha rinunciato al look afro per la Casa Bianca

Michelle Obama

L’America non era pronta per una first lady con i cappelli afro. Così Michelle Obama, durante la presentazione in un teatro di Washington del suo nuovo libro, “La luce che è in noi”, racconta come, quando arrivò alla Casa Bianca nel 2009, ha valutato la possibilità di conservare il suo look afro naturale. Ma poi ha pensato agli americani che “stavano appena prendendo le misure” con il fatto di avere un presidente e una famiglia afroamericana alla Casa Bianca ed ha concluso che “non erano pronti”, ed ha deciso di stirarsi i capelli.

L’ex first lady – che sul palco, intervistata da Ellen DeGeneres, ha sfoggiato delle lunghe ‘braids’ (trecce) – ha spiegato che considerava il sacrificio del suo look un modo per permettere all’amministrazione del marito di concentrarsi sul programma, senza essere travolto da inutili polemiche sul look.

“Sono diventati tutti matti quando Barack si è messo un completo chiaro”, ha scherzato, ricordando le polemiche sul ‘tan suit’ scelto da Obama nel 2014. “Quando volevo far preoccupare il mio staff dicevo, ‘sto pensando di farmi i braids’, ha scherzato ancora, ipotizzando poi il coro di polemiche e critiche che avrebbe suscitato: “Vi ricordate quando si è mostrata con le treccine, quelle sono treccine terroriste, rivoluzionarie”. Insomma, ha concluso Michelle, il suo mantra era: “Stiriamoci i capelli ed approviamo la riforma sanitaria”.

Michelle Obama

Passando a toni più seri, Obama ha denunciato la discriminazione che spesso le donne afroamericane devono affrontare sul posto di lavoro, dove il look afro viene considerato meno professionale dei capelli stirati e messi in piega. “Come donne afroamericane dobbiamo affrontare questo codice sul posto di lavoro, la storia ‘vieni al lavoro con i capelli al naturale’?, ha detto l’ex first lady, sottolineando che le donne afroamericane devono fare i conti “con questa maschera, queste differenze, e questo è un peso in più.

Michelle Obama

Negli ultimi anni ci sono state diverse cause di afroamericane che hanno denunciato i loro datori di lavoro per averle discriminate per la loro scelta di avere i propri capelli al naturale. Per esempio, nel 2019 una giornalista televisiva ha denunciato che il suo direttore le aveva detto che i suoi cappelli al naturale erano “poco professionali”, facendole pressioni per cambiare look. La discriminazione non tocca solo le donne: nel 2018 ad un bambino afroamericano di 6 è stato bloccato il primo giorno di scuola perché aveva i dreadlock troppo lunghi.

Lo scorso anno la Camera ha approvato una legge – la Crown Act, acronimo per Creating a Respectful and Open World for Natural Hair, creare un mondo aperto e rispettoso per i capelli naturali – che proibisce la discriminazione in base al modo in cui si portano i capelli, ma questa non è ancora passata. Misure legislative in questo senso sono passate in 19 stati, con la California che è stata la prima nel 2019 e l’Alaska finora l’ultimo. ADNKRONOS

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