Saman ‘strangolata con una corda e gettata nel Po’

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REGGIO EMILIA, 24 SET (ANSA) – Saman tenuta ferma dai cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, così da permettere allo zio Danish Hasnain di strangolarla con una corda. La madre, Nazia Shaheen, in preda a una crisi di pianto, allontanata dal marito, Shabbar Abbas.

Il contributo di un uomo misterioso che avrebbe aiutato a finirla, infilare il corpo in un sacco, caricarlo su una bici e poi, dopo averlo fatto a pezzi, gettarlo nel Po. Sarebbero le fasi del delitto raccontate da uno degli indagati, Ijaz, a un altro detenuto, che a sua volta lo ha riferito alla polizia penitenziaria. Dichiarazioni che per i carabinieri di Reggio Emilia sono credibili solo in parte. (ANSA).

(https://bologna.repubblica.it) – Quella ragazza non voleva sposare l’uomo che le avevano imposto, un cugino di dieci anni più vecchio. Si era innamorata di un altro ragazzo, voleva andare via con lui, essere libera di pubblicare sui social la foto di un bacio, come tanti suoi coetanei: un altro tassello della sua condanna a morte.

È l’epilogo di una tragedia iniziata anni prima. Saman raggiunge la famiglia in Italia nel 2016 perché il padre lavora per un’azienda agricola di Novellara. Nel 2019 diventa la promessa sposa di un cugino in Pakistan, un anno dopo la sua prima fuga in Belgio, poi il ritorno in Emilia e l’ingresso in comunità, perché nel frattempo i servizi sociali si accorgono della sua storia. Scappa più volte da una struttura di Bologna e nel frattempo conosce un connazionale, Ayub Saqib, oggi 24enne. Prima si scrivono sui social, a gennaio 2021 si vedono di persona: la foto di un bacio in strada pubblicato dalla ragazza su Instagram arriva alla sua famiglia. È l’inizio della fine.

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