Le contorte radici del conflitto arabo-israeliano 2

Nonostante le doti riconosciute o forse proprio per quelle, cristiani da una parte e musulmani da un’altra hanno per secoli creato le condizioni per indurre, più con le cattive che con le buone, tanti ebrei ad una “diaspora al contrario”, verso quella che ancora chiamiamo “Terra Santa”. Un ritorno in medio Oriente che venne osservato in particolare nella seconda metà del 1800 , e che ebbe un sensibile costante incremento all’inizio del 1900.

Precedette e non di poco il primo conflitto mondiale l’attività di una specifica Agenzia per la ricostituzione di una patria ebraica, che iniziò a comperare in Palestina terreni, talvolta coltivabili e più spesso desertici, dai proprietari arabi, disposti volentieri a cedere, ma a caro prezzo, lande aride e inospitali, adatte all’epoca quasi solo per una magra pastorizia di sussistenza, per lo più nomade.

moderne città sorte dove una volta non c’era nulla

Di quelle lande il duro lavoro degli ebrei fece terre rigogliosamente coltivate, qua e là punteggiate da moderne città sorte dove una volta non c’era nulla. “L’erba del vicino è sempre più verde”, dice il proverbio e l’invidia del vicinato aggravò ataviche rivalità. Mi sembra però che quelle terre non siano state regalate agli ebrei o “rubate” ai legittimi proprietari, i quali invece volentieri le vendettero ad insperati acquirenti. I proprietari arabi, per il loro tornaconto, non si curarono affatto dei pastori nomadi o dei contadini arabi che su quelle terre da secoli conducevano la loro stentata esistenza.

Nessuna solidarietà fra arabi segnò quel periodo, mentre poveri immigrati ebrei cominciavano ad insediarsi accanto ad altri come loro, ma di più antica immigrazione. Nacquero così i primi contrasti fra arabi ed ebrei, ma anche fra ebrei autoctoni e nuovi arrivati. In ogni caso i responsabili di una vicenda complicata che si trascina tra guerre e inimicizia ha i suoi responsabili storici anche nel mondo arabo.

il Gran Muftì di Gerusalemme

Qualche altro personaggio arabo, anche se non intenzionalmente, non contribuì certo a migliorare la situazione. Cito al riguardo il Gran Muftì di Gerusalemme Amin al-Hussein grande alleato ed estimatore del nazismo germanico. Amin al- Husseini fornì alla Germania volontari musulmani (di varia provenienza) per la Costituzione della legione “Freien Arabien”, inquadrata nella 13a Waffen che combatté e operò a fianco delle “SS”.

Al-Husseini era stato sedotto da Hitler che sognava l’eliminazione totale degli ebrei, come peraltro previsto proprio dalla dottrina islamica, secondo la quale i musulmani dovranno annientare gli ebrei prima dell’avvento dell’Ultimo Giorno. Ma per il suo paese, il Gran Muftì sortì un esito opposto a quello atteso dall’islam e cercato con la “Soluzione finale” di hitleriana memoria. Infatti la Palestina dopo la guerra si affollò di ebrei. La “legge del contrappasso” non è una legge scritta, ma talvolta pare che la storia ne tenga ugualmente conto.

La nascita dello stato di Israele

La nascita dello stato di Israele e, in quel contesto, la rinata importanza mondiale di Gerusalemme, ne sono una conferma. Purtroppo la costituzione del nuovo stato, sostenuta e promossa dalle grandi potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale e dall’ONU, indusse in qualche caso al trasferimento da una regione all’altra del neonato stato di parte della popolazione araba, ma anche di ebrei autoctoni la cui legittima presenza in quelle terre esisteva e preesisteva da millenni ininterrottamente, assai prima dell’espansionismo arabo-musulmano.

La popolazione ebraica accettò generalmente espropri e trasferimenti in previsione di un futuro migliore, ma la componente araba rifiutò e si oppose tenacemente a questo tipo di riassetto. Il radicalismo religioso complicò ulteriormente i rapporti e i problemi. Gli ultimi settanta anni di storia richiederebbero un lungo e complesso esame di contese territoriali, di incontri e scontri, di trattati e di guerre, di conferenze di pace e di stragi terroristiche.

E di errori politici degli uni e degli altri e pure di chi, nel mondo, strumentalizzava gli uni e gli altri, usando la questione medio-orientale come pretesto, per tutto e il contrario di tutto. La situazione attuale non radica quindi solo nella storia di un passato remoto o recente, che è comunque utile conoscere per capire, ma in aggrovigliate vicende politiche del presente, da cui è difficile trovare una pacifica via d’uscita. Che è però sempre più drammaticamente urgente e necessaria.

Vittorio Zedda

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