Ilaria Capua: “plausibile che il Covid-19 sia nato in laboratorio”

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Esiste “l’ipotesi che Sars-Cov-2 possa essere figlio di un virus generato in laboratorio” ed “è ritenuta plausibile al punto tale da dover mandare una squadra di esperti a verificare cosa è successo in quel laboratorio”. E’ quanto afferma la virologa Ilaria Capua, in un’intervista al Corriere della Sera. “Se l’Oms, oltre un anno dopo il fatto, decide di spedire un gruppo di esperti in Cina per cercare di stabilire che cosa è successo – fa notare Capua – un motivo c’è”. “E il motivo che serpeggia nel fondo – spiega – è che è accettato e risaputo che in alcuni laboratori del mondo esista la tecnologia per alterare virus naturali più o meno innocui e trasformarli in stipiti virali potenzialmente pandemici”.

“Questi esperimenti detti Gof (Gain of fuction, acquisizione di funzioni) – prosegue la scienziata – mirano a far acquisire a virus naturali o di laboratorio alcune caratteristiche come la virulenza o la trasmissibilità per poi studiarne i meccanismi in sistemi di ricerca artificiali” tanto che di questi stessi esperimenti “si parlò molto nel 2012 quando alcuni gruppi di scienziati finanziati da enti pubblici trasformarono virus influenzali aviari H5N1 in una variante più contagiosa”.

Secondo Capua si tratta di scegliere oggi cosa fare per la salute mondiale: “in futuro vogliamo investire sul potenziamento dei virus o dei vaccini?”.

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Virus nato in laboratorio? Il rischio c’è

Affrontare il rapporto rischio-beneficio di moltiplicare i laboratori che possono generare virus con potenziale patogeno rafforzato – si domanda – oppure spingersi nell’immaginare un mondo che grazie al Covid-19 avrà presto vaccini in formato cerotto, spray, chip che possono arrivare a destinazione anche senza un involucro gigantesco e refrigerante, che a oggi si è mostrato uno dei principali colli di bottiglia della logistica?”.

“Si tratta solo di pensarci bene e scegliere – sottolinea Capua – perché questo dibattito plasmerà il futuro delle nostre società e proprio per questo motivo al tavolo ci devono stare tutti”.

“Di soldi per la ricerca – conclude – non ce n’è mai abbastanza e prima che sia troppo tardi riflettiamoci bene perché questo momento di consapevolezza non ripasserà fino alla (ahimè) prossima pandemia”.  https://www.agi.it

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