Vaccini, diffusione sotto 10%. Israele, Emirati e Bahrain primi

vaccini

di Antonio Amorosi – Per la diffusione dei vaccini sembra valere l’articolo quinto: chi ha più soldi ha vinto. Ma non solo. Per mesi si è parlato di urgenze nell’utilizzo dei preparati, di piani da organizzare in fretta per dosi da produrre immediatamente. Ora però si scopre che la maggioranza degli Stati vanno a rilento, per ritardi nelle consegne delle case farmaceutiche e per lentezze nell’organizzazione dei piani sanitari nazionali di diffusione. Ad esempio in Italia molte regioni non hanno ancora indicato una data per la distribuzione presso la popolazione e quelle che l’hanno indicata non sono ancora partite, anche per mancanza di scorte.

In questo momento, secondo University of Oxford, ai primi posti nel mondo per la somministrazione della preparazione vaccinale ci sono Israele, Emirati Arabia e Bahrain. I dati di University of Oxford restituiscono un quadro d’insieme non privo di difficoltà, al 30 gennaio (ultima data utile di confronto): se escludiamo i tre Stati citati e la Gran Bretagna, partita in anticipo e che li ha somministrati al 13,95% della popolazione, ogni Paese è di molto sotto la soglia del 10%. I Paesi occidentali hanno in massima parte investito sul vaccino Pfizer-Biontech.

Certo, il confronto è tra Stati che hanno numeri di abitanti differenti ma essendo questi gli unici organismi giuridicamente competenti a predisporre piani sanitari nazionali, per la diffusione territoriale presso la popolazione, è difficile trovare un altro termine di confronto.

Vaccini, strategie diverse

Se in questa fase non è ancora chiaro quanto e se le campagne vaccinali saranno efficaci e come (se si dovranno fare vaccinazioni ogni anno, ecc…), l’organizzazione della diffusione sembra lasciare a desiderare.

I dati a confronto sono netti: Israele ha già somministrato il vaccino Pfizer-Biontech a più del 54,72% della popolazione nazionale, a circa 5 milioni di abitanti su 9 milioni complessivi. C’è anche da aggiungere che Israele paga 56 dollari ogni dose, un costo molto elevato se consideriamo che l’Europa avrebbe pagato 19,5 dollari a dose e gli Usa 39 dollari.

Strategia diversa rispetto è stata adottata invece dagli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrain che hanno registrato ufficialmente il vaccino contro il Coronavirus prodotto dal gigante farmaceutico cinese Sinopharm, azienda farmaceutica controllata dallo Stato cinese.

Rispetto ai vaccini statunitensi di Pfizer e Moderna, basati sulla nuova tecnologia dell’Rna messaggero, il vaccino Sinopharm, è basato sulla tradizionale tecnologia del virus inattivato, ha un costo ridotto ed è facilmente trasportabile.

Troppo pochi dei vaccini giusti sono stati ordinati

Il ministro della Salute italiano Roberto Speranza ha presentato il 2 dicembre 2020 il nostro piano nazionale. Nella classifica della University of Oxford l’Italia si classifica sesta, avendo vaccinato il 3,16% della popolazione, 1.958.691 persone il 31 gennaio, mentre l’Unione Europa, nel complesso, è riuscita a vaccinare appena il 2% della sua popolazione. “La Commissione europea ha probabilmente pianificato in modo troppo burocratico il proprio piano”, ha spiegato Markus Soder, governatore della Baviera e leader della Csu locale, “troppo pochi dei vaccini giusti sono stati ordinati e il dibattito sui prezzi è andato avanti per troppo tempo”. Ma il quadro stagnante riguarda tantissimi Paesi.

Gli Usa hanno vaccinato l’8,94% della popolazione, che corrisponde a 29 milioni e mezzo di persone (mezza Italia). L’India è invece ferma all’0,27%, cioè 3,6 milioni di abitanti.

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