“Il mantenimento dei normali livelli di vitamina D nel sangue non solo può giocare un ruolo nel ridurre i rischi di infezioni acute delle vie respiratorie, ma potrebbe essere importante per il trattamento di due sintomi tipici della malattia da Covid-19, quali l’anosmia e l’ageusia, ossia la perdita dell’olfatto e del gusto, lamentati da piĂą pazienti”. Lo scrivono in una lettera pubblicata questo mese sull”American Journal of Physiology – Endocrinology and Metabolism’ ricercatori di varie istituzioni italiane (Idi-Irccs di Roma, Isa-Cnr di Avellino e ospedale Sant’Andrea di Roma) e dell’Augusta University americana, coordinati da Francesco Facchiano del Dipartimento di Oncologia e Medicina molecolare dell’Istituto superiore di sanitĂ (Iss), in risposta a un’altra lettera apparsa in aprile sulla stessa rivista in tema Covid e vitamina D.
“Sulla base di un’ampia meta-analisi pubblicata nel 2017, che riporta una revisione sistematica di studi randomizzati controllati – spiega Facchiano – confermiamo ciò che ha proposto il collega croato” Hrvoje Jakovac dell’universitĂ di Rijeka, autore della prima lettera, “ossia il potenziale impatto benefico dell’integrazione di vitamina D contro le infezioni acute delle vie respiratorie.”
“Inoltre sottolineiamo che l’anosmia e l’ageusia, sintomi osservati nei pazienti affetti da Covid-19, sono state rilevate anche in soggetti con deficit di vitamina D. In letteratura è poi riportato che i pazienti affetti dalla sindrome di Kallmann, una rara forma congenita di ipogonadismo ipogonadotropico, presentano spesso diverse caratteristiche comuni ai pazienti affetti da Covid-19 come ipo o anosmia, maggiore frequenza della malattia nei soggetti di sesso maschile, nonchĂ© bassi livelli di vitamina D. Perciò queste ricerche sottolineano la necessitĂ , attraverso approfonditi studi epidemiologici, di raccogliere dati dai pazienti per correlare l’infezione da Covid-19 e l’assetto ormonale dei pazienti stessi”.
“Attualmente – concludono gli studiosi nella nuova lettera – sono in corso numerosi trial clinici, ad esempio negli Usa, che mirano a testare l’integrazione di vitamina D nei pazienti con Covid-19 in combinazione con altri farmaci e a confrontare l’effetto di dosi elevate rispetto alle dosi standard. I risultati di questi studi saranno fondamentali per verificare l’utilitĂ di un’integrazione di vitamina D per i pazienti Covid-19”. ADNKRONOS
Il ministero della sanitĂ (Speranza) l’aveva spacciata per una bufala


