di Emanuele Ricucci – – Percepire lâinutilitĂ della protesta. Nulla. Sentirsi inutili, impotenti, sterili spettatori di qualcosa che ci riguarda come sovrani, ma di cui siamo completamente succubi.
âIl governo olandese non può far finta di nulla: una nave battente bandiera dei Paesi Bassi ha ignorato i divieti e gli altolĂ e sta facendo rotta a Lampedusa. Ă una provocazione e un atto ostile: avevo giĂ scritto al mio omologo olandese, e ora sono soddisfatto che lâAmbasciatore dâItalia allâAja stia facendo un passo formale presso il governo dei Paesi Bassi. LâItalia merita rispetto: ci aspettiamo che lâOlanda si faccia caricoâ. CosĂŹ parlò Salvini, poco fa sul caso Sea watch, ormai giunta in acque italiane dopo aver forzato il blocco imposto (consegnatole la scorsa settimana dalla Guardia di Finanza, non da una squadraccia di fascisti di mare).
NON scrivo mai di immigrazione, tanto meno delle sue dinamiche.
NON sono affatto, deo gratias, un ennesimo esperto di politica internazionale.
NON mi appassiona il tema immigrazione, preferisco appassionarmi alla lenta morte dâItalia, perchĂŠ di quella sono, mio involontario malgrado, responsabile anche io, come figlio della storia. Quella sĂŹ che ci riguarda. Come ci riguarda, però, anche un caso simile a quello della Sea Watch, con una semplice, magrissima, volutamente poco intellettuale e provocatoria riflessione di stampo estetico, e forse, futile, ma del resto liberatoria, condannati gli italiani come sono, a strillare simili a bestie nel recinto virtuale della propria impotenza (in materia dâimmigrazione ed Europa, poi, non ne parliamo).
Una sciatta con i fusilli in testa, figlia di papĂ , gioca con la vita di oltre trenta uomini, infrange leggi internazionali, contribuendo a rendere il mondo ancora piĂš ridicolo, e non si sentono fischiare proiettili dâavvertimento? Qualcuno che ha ben piĂš potere di me, faccia la cortesia di parlare con i social media manager delle pagine dellâEsercito, della Guardia Costiera, della Marina Militare, per il cui operato va il piĂš profondo rispetto, chiedendo di evitare di postare video âper uomini veriâ in cui si vedono i nostri militari passamontagnati intervenire in 1,8 secondi nellâatto di abbordare navi nella difesa delle nostre coste. Questa volta, il mondo dice di non farlo, lâistituzione dice di non farlo, la Corte Europea dice di non farlo, lâItalia dice di non farlo.
Tutti, stavolta, dicono di non sbarcare, non fosse altro perchĂŠ in uno Stato legittimamente riconosciuto, democratico e âsovranoâ, câè quel vizio, ogni tanto, magari dopo i pasti, di applicare le leggi, anche se per taluni svuotati dâogni coscienza, lâunico ruolo dellâItalia dovrebbe essere quello di gran puttana e pattumiera del mondo, eterna migrante, precaria, senza Dio, nĂŠ confine, senza reazione mentre viene penetrata in un angolo buio del villaggio globale, senza ardore, senza storia, nĂŠ volto millenario, terra da calpestare. Tutto dicono di non farlo. E quella coi fusilli in testa cosa fa? Lo fa! Sbarcatela lei, sĂŹ, ma in carcere.
Domani mi carico un migrante sulle spalle e vado a fare una cazzo di rapina in banca. Chiunque può tenere sotto scacco un Paese fantoccio, con chiunque a rappresentarlo al Governo, poco importa. Chiunque. Senza troppi sofismi. Qui, dunque, si apre uno scenario ben piĂš alto del dramma dellâimmigrazione: della dignitĂ di questo Paese cosa rimane?
La capitana coi fusilli, disgraziata, voleva fare qualcosa di utile? âAvrebbe potuto lasciare che la Guardia Costiera libica facesse il proprio lavoro riportando i 53 immigrati clandestini al porto di Zuaraâ â scrive Andrea Indini sulle colonne de ‘Il giornale’ â âo avrebbe potuto accettare di farli sbarcare in Tunisia, porto sicuro a poche miglia dallâarea di recupero. Avrebbe anche potuto evitare il braccio di ferro con lâItalia facendo rotta verso lâOlanda, Paese che le ha dato la bandiera da sventolare sulla naveâ.
Da italiano, proprio come riporta la mia carta dâidentitĂ , mi sono rotto i coglioni del moralismo coi rasta, sempre piĂš elevato di ogni sentore, raziocinio ed esigenza nazionale, di essere preso per il culo da porci che pensano esclusivamente al loro business, che se ne fottono della vita, dei confini, dellâumanitĂ da difendere. E che, neanche a dirlo, cercano solo, insistentemente il morto per legittimare il loro perverso tornaconto ideologico, difesi scervellatamente dalla generazione âsignore con i capelli bianchi che fa giovane, coi sandali, il mare irrinunciabile lâestate almeno tre settimane tra Puglia e Grecia, lâimpegno sociale, lo yoga e i figli alla privata, ma tanto legate al dramma dei migrantiâ.
Ben dice il filosofo Regazzoni: âSe qualcuno in nome del Bene di cui si autoproclama incarnazione agisce in dispregio delle leggi, delle decisioni politiche e dei confini di un paese democratico è auspicabile che ne paghi le conseguenze. PerchĂŠ non è un eroe: è come minimo un irresponsabile. Chiunque appoggi questa modalitĂ integralista di affrontare (o usare) problemi complessi come quello dellâimmigrazione oggi fa un danno in primo luogo alla causa che vorrebbe difendereâ.
Mi sono rotto i coglioni di vedere lâItalia, ancora una volta, sodomizzata dai lanzichenecchi del pensiero, della vita, del tempo.

