Che tempo che fa, zero domande di Fazio: monologo europeista di Macron

Uno spottone pro-Europa. A favore di questa Europa, guidata da Francia e Germania e che relega l’Italia in un angolino. Questo il sunto dell’intervista concessa da Emmanuel Macron a Fabio Fazio, l’intervista al centro di mille polemiche trasmessa a Che tempo che fa su Rai 1. Lo dice chiaro e tondo, il galletto francese, di fronte a un Fazio che annuisce estasiato che porge ben poche domande e, di fatto, consegna il microfono all’inquilino dell’Eliseo.

“Oggi siamo di fronte a una crisi delle democrazie occidentali. In questa crisi democratica vediamo un ritorno allo spirito dei popoli, che è uno spirito profondo: tornano dei tratti fondamentali dei nostri popoli che sembravano attenuati. Io credo a questa forza e al fatto che i nostri popoli sono diversi. Ma al tempo stesso, dobbiamo guardare al mondo com’è: l’Europa si è sempre indebolita con le sue guerre civili”, premette Macron. Dunque il presidente della Repubblica francese aggiunge che per far fronte a Cina e Stati Uniti “abbiamo bisogno di un’Europa più forte: riconoscere l’identità dei popoli ma maggiore integrazione europea. Non si deve scegliere tra apertura incondizionata e nazionalismo, io mi batterò con forza con queste persone: ci riporterebbero indietro di vent’anni. Dobbiamo costruire un’Europa forte e sovrana, che sappia proteggere i propri cittadini“.

Già, più forte e sovrana ma a trazione franco-tedesca. Quando Fazio gli chiede conto della sensazione che Parigi e Berlino vogliano decidere per conto loro, tra in modo piuttosto esplicito Macron conferma che questa è la direzione: “La mia responsabilità è che ci sia un minimo ma anche un massimo di concordia con l’alleato tedesco, perché altrimenti l’Europa non può andare avanti”. Insomma, senza l’accordo tra le due potenze l’Europa non può andare avanti. “I nostri legami sono diversi – riprende -: per fare andare avanti l’Europa Francia e Germania devono essere d’accordo, ma la Ue non può andare avanti se l’Italia non è d’accordo. Il dialogo con Roma resta essenziale”, aggiunge.

Però, il presidente continua sottolineando come “non credo che la risposta sia l’Europa dei nazionalisti. Nessun Paese in Europa potrà rivolgere i propri problemi opponendosi agli altri Paesi europei: risolveremo i nostri Paesi cooperando”. Dunque il monito: “Le grandi tragedie ritornano, i grandi squilibri mondiali ritornano. L’apertura seguita alla caduta del muro di Berlino è finita: ora la storia, il tragico, ritornano”. Parole chiare con le quali si scaglia contro i sovranismi crescenti. “La collera riparte quando si insinua il dubbio nelle democrazie, e con lei gli odi peggiori: il razzismo, l’antisemitismo. Sono il sintomo del malessere della nostra civiltà. L’antisemitismo contemporaneo è la rinascita di un vecchio antisemitismo, che di fondo è l’odio verso l’altro. La nostra società deve stare attenta a non cadere in una guerra civile”, ribadisce il presidente usando toni catastrofici.

Nell’intervista – o meglio, nel monologo di Macron – si parla anche di Tav (difesa dal presidente) e di immigrazione, e Macron si spende in vaghe promesse sulla volontà di coinvolgere più attivamente l’Europa per sgravare l’Italia dall’enorme fardello di responsabilità che ha un Paese di primo approdo. “Clima e guerre possono portare a grandi fenomeni migratori: i nostri popoli possono sentirsi minacciati da questa apertura. Questi choc possono essere brutali. L’Europa è responsabile di questa situazione, europea e italiana, perché non è stata in grado di aiutare un Paese che aveva un fardello troppo pesante”.

E ancora: “L’immigrazione è stata troppo consistente, questo ha generato la paura in Italia. E l’Europa non è stata sufficientemente presente e in grado di aiutare. Credo che l’unica soluzione sia di ripensare la nostra sovranità, le nostre protezioni, nel mondo così com’è. Dobbiamo ripensare la nostra relazione con l’Africa, attuando politiche di stabilizzazione e sviluppo per offrire alla gioventù africana di avere un futuro sul loro continente”, ha concluso Macron.

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