Salvini e il Qatar, il dietrofront ha un prezzo

di Souad Sbai

Il Qatar esempio di moderazione ed equilibrio. Le parole pronunciate dal vice premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante il suo viaggio d’affari di fine ottobre a Doha hanno destato scalpore e questa è una buona notizia, dal momento che non sono state soltanto le solite voci isolate a denunciare l’incoerenza del leader della Lega e della sua presa di posizione. Incoerenza perché dagli scranni dell’opposizione Salvini sparava invece a zero contro il regime di Tamim bin Hamad al-Thani. In un post su Facebook del giugno 2017, riferendosi alle moschee illegali, ai centri culturali fittizi e ai sedicenti imam che propagano estremismo in Italia finanziati dal Qatar, correttamente Salvini affermava che “con la Lega al governo, nemmeno mezzo metro quadro a chi è anche lontanamente sospettabile di fiancheggiare il terrorismo islamico”.

L’inversione a 180 gradi compiuta nelle sue nuove vesti istituzionali si spiega con il classico “pecunia non olet”, la stella polare della politica estera italiana e il fattore che ne garantisce la continuità nel passaggio da un Esecutivo all’altro, svelando tutta l’inconsistenza dello slogan “Governo di cambiamento”.

Ma tale svolta in negativo da parte di Salvini su un tema così delicato quale il terrorismo è senza dubbio figlia di un sistema di connessioni che “lega” da tempo al Qatar influenti “personalità” appartenenti al suo cerchio magico, incuranti dell’incoerenza del ministro dell’Interno sia rispetto alle dichiarazioni effettuate in precedenza che alla realtà dei fatti. Nella realtà dei fatti, la cortina fumogena della moderazione scompare mostrando gli emiri del Qatar per quel che sono davvero: i più grandi banchieri dell’estremismo al mondo, l’estremismo della Fratellanza Musulmana, la multinazionale dell’islamismo che ha concepito ideologicamente Al Qaeda e Isis, non a caso supportati dal regime di Doha in Siria, Iraq e Libia.

Impadronendosi della cosiddetta “Primavera Araba”, il Qatar puntava a stabilire la propria egemonia su tutto il Medio Oriente utilizzando come grimaldello per scardinare l’ordine preesistente la vasta rete di Fratelli Musulmani diffusa e radicata in tutta la regione, composta da partiti politici, organizzazioni assistenziali e della società civile, figure religiose, accademici, uomini d’affari, funzionari pubblici, giornalisti. Il “progetto” del Qatar e della Fratellanza per il Medio Oriente ha subito una netta battuta d’arresto in Egitto e in Siria, ma le finalità e la volontà di conseguirle restano intatte. Come intatta resta l’ambizione di realizzare il “progetto” per l’Occidente, egemonizzando Europa e Stati Uniti attraverso la penetrazione dei Fratelli Musulmani nei gangli vitali della società e la dolce sottomissione alla “pecunia” qatarina – quella che ha reso possibile l’assegnazione a Doha dei Mondiali di calcio 2022, malgrado Amnesty International e le Nazioni Unite abbiano più volte denunciato le condizioni di schiavitù dei lavoratori stranieri impiegati nella costruzione degli stadi.

Da questo punto di vista, l’Italia è purtroppo un caso di scuola e di ciò il leader del primo “Noi con Salvini” era pienamente consapevole. Le sviolinate a favore del regime di Doha non gli fanno dunque onore, specie perché irriguardose verso gli italiani che lo hanno votato o che avrebbero voluto votarlo in futuro nella speranza di un vero cambiamento. L’ennesima illusione da lui incarnata ha già determinato più di qualche ripensamento e c’è da scommettere che gli costerà molto cara in sede elettorale, molto più cara dei contratti miliardari degli emiri del Qatar.

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