Il contrasto tra diritti sociali e “pareggio di bilancio”

L’esito inequivocabile del referendum costituzionale ha reso manifesta la volontà degli italiani di difendere l’impianto originario della Costituzione vigente che, alla luce di una visione solidaristica della società, è incentrato sulla persona umana, sulla sua dignità e sulla concretezza dei suoi bisogni.

Se questo è il cuore pulsante dalla Costituzione, l’ampliarsi delle diseguaglianze e il dilagare della povertà rendono attuale il tema dell’eventuale contrasto tra diritti sociali e vincolo del pareggio di bilancio, introdotto in Costituzione, non senza critiche, dal Governo Monti nel 2012. Può questo vincolo stravolgere l’impianto solidaristico della nostra Costituzione ? Può essere il “principio tiranno” sul cui altare sono sacrificabili i beni primari quali, ad esempio, la salute, l’ambiente e la previdenza?

La Corte Costituzionale ha detto ripetutamente no, reiterando di recente questa posizione con la sentenza n.275/2016 relativa a un conflitto sollevato dalla Provincia di Pescara nei confronti della Regione Abruzzo che aveva negato parte del cofinanziamento per il trasporto scolastico degli alunni disabili in quanto erogabile, ai sensi della normativa regionale, nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle leggi annuali di bilancio. Come ha sottolineato la Corte, “è la garanzia dei diritti incomprimibili” (in questo caso del diritto all’istruzione) “ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”. Spetta dunque all’Amministrazione (nel caso alla Regione) risolvere la questione con un’allocazione diversa e costituzionalmente corretta delle risorse disponibili.

E’ importante ricordarsi delle tutele costituzionali anche quando si parla di diritto alla salute, un diritto primario e fondamentale messo sempre più a rischio dai tagli imposti dallo Stato agli enti territoriali ai quali compete l’effettiva erogazione delle prestazioni. La Corte ha ricordato che “esiste una soglia minima di prestazioni sociali che non ammette compressioni ad opera di altre norme costituzionali o sovranazionali” ed è lecito domandarsi se il progressivo depauperamento della sanità pubblica in nome dei vincoli di bilancio risponda a criteri di proporzionalità e ragionevolezza nell’equilibrio tra principi costituzionalmente tutelati. Questa domanda è tanto più pertinente se si considera che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha ampiamente dimostrato l’efficacia e i minori costi del nostro Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e universale, rispetto a quelli della maggior parte degli altri Paesi industrializzati. E’ sempre l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, attraverso la Commissione sui determinanti sociali della salute, ha pubblicato nel 2008 un rapporto in cui dichiara che “l’assistenza sanitaria è da considerarsi un bene comune e non una merce dipendente dal mercato”.

Nonostante la chiarezza delle indicazioni costituzionali, da diversi anni in Italia assistiamo a politiche tese a smantellare lo stato sociale, a demolire i diritti del lavoro e ad avversare i beni comuni in nome della logica del profitto. Esortiamo tutti all’impegno per contrastare questa deriva e per vigilare affinché le scelte dei governanti non si trasformino in arbitrio a causa dell’inosservanza delle priorità costituzionali.

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