Vescovi, Cei: “fare serio programma per dare casa e lavoro ai migranti”

 

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Città del Vaticano, 18 mar. – “L’urgenza di superare un’informazione allarmistica e ideologica per riconoscere cause, responsabilità e dimensioni di un fenomeno che, insieme a enormi problematiche, porta con sé un contributo di ricchezza per tutto il Paese e, quindi, un reciproco vantaggio”: il Consiglio episcopale permanente, riunito da lunedì a mercoledì a Genova, “ha affrontato in questi termini le questioni legate all’immigrazione, soffermandosi in particolare sulla verifica dell’accoglienza nelle diocesi italiane dei richiedenti asilo e dei rifugiati”.

I vescovi, si legge nella nota finale, “si sono lasciati interrogare dalle situazioni di instabilità del Medio Oriente e, più ancora, del Nord Africa, facendosi solidali con quanti chiedono protezione internazionale; hanno condiviso la preoccupazione per gli esiti di gestione dei flussi migratori, che segnalano una vera e propria selezione – e, quindi, un’esclusione – di nazionalità; hanno sottolineato la necessità di procedure celeri ed efficaci nell’identificazione e nel ricollocamento in Europa, come anche nella messa a punto di un serio programma di inserimento abitativo e lavorativo.

In particolare, è emersa la condizione dei minori non accompagnati – per i quali ancora si stenta ad avviare percorsi di affidamento in strutture familiari – e quella di quanti si sono visti negare il permesso di soggiorno umanitario: sono persone senza prospettive, che rischiano di cadere in situazione di irregolarità, andando a esporsi a condizioni di insicurezza, irreperibilità e sfruttamento”. Partendo dalle “accoglienza attive – che nelle strutture ecclesiali coinvolgono oltre ventimila persone e che, quindi, costituiscono un quinto dell’intero sistema di accoglienza in Italia – i Vescovi”, si legge nella nota, “hanno rimarcato la necessità di giungere a un sistema unico e diffuso, che risponda a standard e procedure comuni e sia sottoposto a verifiche puntuali rispetto ai servizi da erogare e alla trasparenza nella gestione dei fondi.

Di qui anche la richiesta, per l’accoglienza dei rifugiati, di poter attivare un accreditamento da parte di enti e strutture del privato sociale e del no profit“.  (askanews)

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