Le tribù attaccano i miliziani, ancora cannibalismo in Congo

Le tribù attaccano i miliziani infiltratisi nella zona di Goma. «Hanno capito che non era uno di loro, perché non parlava Swahili. Allora lo hanno tirato giù dall’autobus dove viaggiava, l’hanno ucciso a sassate, gli hanno aperto il torace e mangiato il cuore».

La vicenda è riportata da Mastrolilli su La Stampa. Sentendo questo racconto da un alto funzionario Onu, viene da chiedergli se non abbia il sospetto che si tratti di leggende della giungla.

«Leggende? No, guarda, abbiamo visto le foto della testa abbrustolita mentre lo mangiavano».

Questo orrore è avvenuto a ottobre, dopo uno dei massacri compiuti dai ribelli islamici dell’Adf a Beni, Congo orientale. Le Allied Democratic Forces sono un gruppo nato in Uganda, che Kampala accusa di essere legato ai jihadisti somali di al Shabaab. Hanno invaso il Congo per mettere le mani su terre piene di risorse naturali, e da mesi cercano di imporsi col terrore.

«Arrivano la notte nei villaggi – racconta una testimone che chiede di non essere identificata – e tirano fuori le persone dalle case. Poi le ammazzano a colpi di machete, donne e bambini inclusi». Finché la popolazione si è ribellata e ha linciato un sospetto jihadista.

Riti tribali

Il cannibalismo non è una novità, da queste parti. Ne parlava già Joseph Conrad alla fine dell’Ottocento, quando in «Cuore di tenebra» raccontava il dispiacere dell’equipaggio del vaporetto di Marlow, perché il capitano aveva buttato nel fiume Congo il cadavere del suo timoniere ucciso dai selvaggi fedeli a Kurtz, invece di lasciarlo in pasto ai suoi uomini affamati. Per quanto raccapricciante, è un rito per impadronirsi della forza del nemico sconfitto. A Beni, però, descrive la paura per l’ultima minaccia di una guerra che in vent’anni ha fatto oltre cinque milioni di morti.

«Ogni giorno che aspettiamo – si legge nell’ultimo rapporto Onu – più donne non possono curare i campi per paura di essere stuprate, più bambini soldato vengono reclutati e abusati».

Per ricostruire la stabilità regionale, l’Onu ha varato la missione Monusco, la più grande e più costosa. Circa 20.000 uomini e 1,3 miliardi di dollari all’anno. La guida il tedesco Martin Kobler, e per la prima volta nella storia dei Caschi blu conduce operazioni militari offensive, supportate anche dai droni della compagnia italiana Selex.

La collaborazione fra Caschi blu e governo aveva funzionato per debellare l’M23, la guerriglia filo ruandese, ma si è inceppata ora che bisognerebbe eliminare l’Fdlr, cioè quella hutu. Il pretesto che ha bloccato le operazioni a febbraio è stata la nomina di due generali congolesi che stavano nella lista nera dell’Onu per le violazioni dei diritti umani, ma la vera ragione è che l’Fdlr era alleato col governo durante la lotta all’M23, e quindi Kinshasa non vuole attaccarlo.

Il rischio terrorismo

La nuova ombra però è l’Adf, che secondo il direttore del parco Virunga, Emmanuel de Merode, «è una formazione jihadista». L’intelligence non ha ancora provato l’affiliazione ad al Shabaab, Boko Haram o Isis, ma ha notato due fatti preoccupanti: il reclutamento attraverso l’Uganda, sulla direttrice che porta in Somalia; e l’uso degli «Ied», esplosivi con cui i terroristi hanno ammazzato centinaia di occidentali in Iraq e Afghanistan.

Chi li ha portati in Congo? «Il collegamento con la jihad – mi ha detto Kobler dopo la sua ultima relazione al Consiglio di Sicurezza Onu – non è provato, ma non vuole dire che non esista. Non posso dare garanzie su come sarà la situazione tra un anno».

In altre parole, se la jihad decidesse di investire sull’Adf, potrebbe aprire un fronte in Congo.

 

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