Lampedusa: l’inferno delle profughe “cosparse di benzina e stuprate”

STUPRI

Palermo, 8 nov. – Sono racconti dell’orrore quelli raccolti dagli investigatori e dai magistrati dalla viva voce degli immigrati ospiti del Cie di Lampedusa, sull’indagine che ha portato all’arresto del miliziano somalo accusato di aver organizzato la traversata di migranti finita nel naufragio del 3 ottobre con la morte di 366 persone.

Parla Fanos Kba, 18 anni, nata in Eritrea: “Come ho gia’ dichiarato anch’io sono stata oggetto di violenza sessuale da parte di quest’uomo e dei suoi complici. Infatti una sera dopo essere stata allontanata dal mio gruppo sono stata costretta con la forza dal somalo e da due suoi uomini ad andare fuori, gli stessi dopo avermi buttata a terra e successivamente bloccata alle braccia ed alla bocca mi hanno buttato in testa della benzina provocandomi un forte bruciore al cuoio capelluto, alla pelle del viso ed infine agli occhi, successivamente, non contenti i tre a turno hanno abusato di me”. “Dopo circa un quarto d’ora e dopo essere stata picchiata -prosegue il verbale di Fanos Kba- sono stata riportata allinterno della stanza e li’ ho raccontato ai miei compagni di viaggio cio’ che mi era accaduto. Tutte e 20 le ragazze che sono state sequestrate sono state oggetto di violenza sessuale e che nel compiere l’atto i miei stupratori non hanno fatto uso di protezione non curanti neanche della mia giovane eta’, in quanto ancora vergine”.

La diciottenne prosegue: “All’interno della casa in questione dopo averci rinchiusi in una grande stanza ci prelevavano uno per uno e privandoci dei nostri effetti personali e utilizzavano il nostro telefono cellulare per chiamare i familiari e richiedere un riscatto per la nostra liberazione. Preciso che eravamo costretti a stare in piedi per tutta la giornata e che ci obbligavano a vedere i nostri compagni mentre venivano torturati con vari mezzi, tra cui manganelli, scariche elettriche alle piante dei piedi e nel peggiore dei casi per chi si ribellava gli stessi venivano legati con una corda collegata gli arti inferiori ed il collo, in modo che anche un minimo movimento creava un principio di soffocamento”.

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