D’Alema avvertì Prodi che la sua nomina al Colle era “una follia”

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2 ott – E’ il 19 aprile 2013 e Romano Prodi si sveglia intorno alle 7 a Bamako, capitale del Mali, dove si trovava in missione per il Sahel del Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon. Ma il punto caldo è in Italia, dove Pier Luigi Bersani annuncia verso le 9 la candidatura di Prodi alla presidenza della Repubblica ai grandi elettori Pd. Elezione che poi non avrà luogo. Complotto? Massimo D’Alema, il sospettato, ha sempre negato. Ma oggi ad aprire un nuovo scenario è il Corriere della Sera. Intervistato da Alan Friedman per il suo nuovo libro “Ammazziamo il gattopardo”, Prodi ha rivelato che quella fatidica mattina ricevette una telefonata da D’Alema.

La telefonata – Ma procediamo con ordine. E’ il giorno del quarto scrutinio, e la prima telefonata da Bamako Prodi la fa a Stefano Rodotà. Sente un clima quasi “surreale”, nell'”oscillazione di temi e circostanze tra Bamako e Roma”. Poi la telefonata da Marino, che gli fa gli auguri: “Tutto bene, tutto tranquillo”. Poi c’è la telefonata a Massimo D’Alema. Prodi ricorda le parole scambiate: “Mi ha detto: ‘Benissimo, tuttavia queste decisioni così importanti dovrebbero essere prese coinvolgendo i massimi dirigenti’. Cioè facendone, come si fa sempre in questi casi, una questione di metodo e non di merito. E quando ho ascoltato questo ho messo giù il telefono, ho chiamato mia moglie e le ho detto ‘Flavia vai pure alla tua riunione perché di sicuro Presidente della Repubblica non divento'”. Da Bologna, al telefono con suo marito, Flavia Prodi capisce subito e scarta l’idea di partire per Roma. Invece va alla sua riunione scientifica alla Biblioteca dell’istituto linguistico di Bologna. Dopo la telefonata con D’Alema, Prodi non ha dubbi. Per lui tutto è chiaro nel momento in cui Massimo D’Alema ne fa un problema di metodo.

D’Alema – Ma D’Alema, intervistato anche lui per il libro, pur confermando il tono della chiamata, nega gli intenti.  Ricorda di aver detto a Prodi che la sua nomina era “una follia” e che “questa vicenda rischia di finire male” e dice che ha dato a Prodi un suo consiglio. “Il mio consiglio è che tu puoi essere candidato, però adesso li farei votare scheda bianca e aprire un confronto per vedere se almeno Monti, Scelta Civica eccetera convergono sul tuo nome”. Così ricorda D’Alema. Ma Prodi di una discussione sulla tattica di un voto con la scheda bianca non ricorda nemmeno una parola. Lui ricorda soltanto di aver capito che D’Alema fosse contrario, e di aver telefonato a Flavia. Per concludere, Friedman scrive: “quando chiedo a Massimo D’Alema se ha fatto fallire Prodi nella corsa per il Quirinale, D’Alema mette le mani avanti. Taglia corto, con fermezza, e risponde: ‘Io non ho ispirato niente!'”. Eppure, quei 101 voti contrari ci sono stati.

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