Cucchi, periti: morto per fame e sete; “condotta colposa” dei medici

13 dic. – Stefano Cucchi e’ morto il 21 ottobre del 2009 nel reparto giudiziario dell’ospedale Sandro Pertini a pochi giorni dal suo arresto per “inanizione”. E’ quanto scrivono i sei periti dell’universita’ di Milano incaricati dalla terza corte d’assise di Roma di accertare le cause della morte del ragazzo. “Con il termine di morte per inanizione – scrivono i periti – si indica una sindrome sostenuta da mancanza (o grande carenza) di alimenti e liquidi”. Per la morte di Cucchi sono imputati tre agenti della polizia penitenziaria e nove tra medici e infermieri dell’ospedale Sandro Pertini. Secondo i periti, inoltre, le cause della morte non sono legate ad eventuali percosse. Le sue erano “lesioni circoscritte”, sia al capo che alla regione dell’osso sacro e “di per se’ non idonee ad influenzare metabolicamente sulla evoluzione clinica infausta della sindrome da inanizione.
Solitamente queste lesioni non richiedono neppure il ricovero del paziente in ambiente ospedaliero”.

“Il corpo di Cucchi – scrivono i periti – presenta una serie di lesioni ed escoriazioni crostose, persino ulcere, che possono trovare la loro eziologia in microtraumi (sfregamenti, grattamenti, aree di appoggio e da decubito) anche di epoca precedente all’arresto, in manovre relative al trattamento da parte dei sanitari e persino nelle condizioni patologiche del Cucchi; esse quindi non possono essere attribuite con certezza ad episodi traumatici di una certa violenza/entita’ avvenuti tra l’arresto e il ricovero”. “Il quadro traumatico osservato si accorda sia con un’aggressione, sia con una caduta accidentale, ne’ vi sono elementi che facciano propendere per l’una piuttosto che per l’altra dinamica lesiva – scrivono i sei periti -. I riscontri clinici riferibili alle lesioni risalgono al pomeriggio del 16 ottobre 2009 e non contrastano con un’epoca di produzione di poco anteriore”.

I periti “assolvono” i tre infermieri della struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini e sottolineano che la loro condotta non ha “in alcun modo condizionato il decesso” di Cucchi. “E’ da ribadire – dicono i periti dell’universita’ di Milano – che gli infermieri segnalano gli eventi; certo vi sono criticita’ nel controllo della diuresi e di alcuni controlli di parametri clinici di base, non sempre condotti, ne’ eseguiti con regolarita’; ma disporre tipo e frequenza dei controlli e’ compito del medico, non dell’infermiere”.

A carico degli infermieri quindi “non si individuano profili di responsabilita’ professionale che abbiano influito in qualche modo sulla evoluzione della patologia di Stefano Cucchi e che quindi ne abbiano in alcun modo condizionato il decesso”. Altro discorso per i medici del reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini: “non si sono mai resi conto di essere (e fin dall’inizio) di fronte ad un caso di malnutrizione importante – scrivono – quindi non si sono curati di monitorare il paziente sotto questo profilo, ne’ hanno chiesto l’intervento di nutrizionisti (o altri specialisti in materia) e, non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso”. I periti in un documento di 190 pagine depositato questa mattina scrivono anche che “tutti i sanitari del reparto di medicina protetta del Pertini ebbero una condotta colposa, a titolo di imperizia, sia di negligenza quando non di mancata osservanza di disposizioni comportamentali codificate”. “La sera del 17 ottobre 2009 Stefano Cucchi – si legge nella relazione – presentava uno stato di denutrizione importante che, di fronte alla di lui manifesta volonta’ di digiunare e di astenersi dal cibo, doveva immediatamente allertare i medici curanti. Anche pochi giorni di ulteriore astensione da alimenti e liquidi costituivano rischio concreto di un irreversibile aggravamento delle di lui condizioni. Il pericolo di vita del paziente si rende poi manifesto il 19 ottobre: in questo momento un trattamento terapeutico appropriato avrebbe consentito probabilmente il recupero di Cucchi”.

“Non avendo consapevolezza della patologia di cui Cucchi e’ affetto, venne pure a mancare da parte dei sanitari del reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini una adeguata e corretta informazione al paziente sul suo stato di salute e sulla prognosi a breve inevitabilmente infausta, nel caso egli avesse persistito nel rifiutare cibi e liquidi”. Lo scrivono i periti nelle relazione depositata presso la cancelleria della terza corte d’assise per stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi. “Il medico – si legge nel documento di 190 pagine – di fronte ad un paziente che rifiuti di nutrirsi e bere e’ grandemente coinvolto sotto il profilo deontologico ed etico; e lo e’ particolarmente quando il rifiuto e’ una forma di protesta del detenuto, che ritenga di non aver altro modo per far valere le proprie richieste”. “Nello sciopero della fame – concludono i periti – la liberta’ di scelta, per essere libera, deve essere informata, vale a dire formarsi solo sulla scorta di una corretta ed esaustiva informazione da parte del medico”.

“In mani esperte l’allarme rosso era in atto con gli esami del 19 ottobre 2009 e che da questo momento Cucchi, per avere un trattamento appropriato, doveva essere trasferito in una struttura di terapia intensiva”. Lo dicono i sei periti incaricati dalla terza corte d’assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi, in un documento depositato questa mattina in cancelleria. “Un trasferimento ed un trattamento immediato – rilevano gli esperti riferendosi al personale sanitario che ha avuto in cura Cucchi – avrebbero probabilmente ancora consentito di recuperare il paziente. E’ intuibile che se il trasferimento del paziente fosse stato rimandato le di lui possibilita’ di sopravvivenza si sarebbero proporzionalmente e progressivamente ridotte, fino a raggiungere livelli molto bassi in data 20 ottobre ed ad annullarsi in data 21 ottobre”. agi

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