Vìola i precetti dell’islam. Minacce di morte alla figlia

VERONA 9 FEB – Le angherie iniziarono quando la giovane era sedicenne. La mamma patteggia un anno e 8 mesi. Veniva picchiata anche se mangiava un gelato con le amiche o se partecipava a feste di carnevale. Ora è in una struttura protetta

Veniva minacciata di morte dai genitori e di essere sepolta in giardino. Il motivo scatenante di così tanta ira? Si era rivolta ad uno psicologo. E giusto per farle capire che aria tirava, le era stato detto anche che era stata promessa in sposa ad un connazionale dopo che era stato trovato un accordo tra i genitori. Sembra una storia d’altri tempi quella emersa ieri nell’ufficio del gip Isabella Cesari. C’è il tormento di un’adolescente, ora data in affidamento ad una struttura protetta. Vive in una società occidentale ma ogni volta che apriva la porta di casa nel Villafranchese era come se rientrasse negli usi, tradizioni e costumi, distanti migliaia di chilometri da tutto ciò che la circondava. È la storia di una diciottenne che prima di raggiungere la maggiore età, è stata costretta a subire da parte dei genitori di origine marocchina ogni tipo di umiliazione fino alle botte con motivazioni quasi sempre riconducibili alle violazioni dei precetti dell’Islam.  Forse la ragazza non ha nemmeno sorriso ieri quando ha saputo che la madre di 38 anni, ha patteggiato un anno e otto mesi con pena sospesa nell’ufficio del gip Isabella Cesari. La donna doveva rispondere dei maltrattamenti inferti alla figlia dal 2009 fino al maggio dello scorso anno quando è scattata la denuncia. Ieri nell’ufficio del gip Cesari, non erano presenti nè la madre nè la figlia ma solo i legali.  Le minacce di morte, le botte e il matrimonio già combinato rappresentano solo alcuni dei tanti capitoli di una storia di difficile integrazione di una famiglia marocchina nella nostra realtà. I maltrattamenti dell’allora sedicenne iniziano nel 2009 quando la giovanissima inizia ad avanzare le richieste di ogni ragazza della sua età. Ma trova sempre un invalicabile muro di no. Qualche esempio? Non poteva uscire di casa. Non poteva andare al corso di pallavolo perchè non è utile alla sua formazione. Pugni, schiaffi e calci anche con l’uso di una cintura, poi perchè si era «permessa» di andare a mangiare il gelato con un gruppo di amici. E a casa? Doveva fare i lavori domestici. E se non li faceva bene, doveva ricominciare daccapo. Anche la partecipazione al «Venerdi gnocolar» le è stato censurato. Nel 2010, è tornata a casa con i coriandoli ancora addosso e le è stato lanciato addosso un bicchiere. Le è stato tolto anche il cellulare. Il motivo? I genitori avevano trovato le foto. E anche in questo caso, la musica non cambiava: botte, calci e poi la solita cintura. E per capire come la consideravano in casa anche il racconto della giovanissima reso ai carabinieri: «La mamma mi definiva una str… quando parlava con le amiche». Ora quella vita tormentata si è conclusa: le strade di figlia e genitori si sono separate.

Giampaolo Chavan da Arena.it

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