“Non siamo Forza Gnocca. Ne sono la prova in carne ed ossa”

«Mi guardi: le sembro tipo da Forza Gnocca?».

Isabella Bertolini, modenese, classe ’63, è nel partito di Silvio Berlusconi da sempre. Da tre legislature è Vicecapogruppo alla Camera. «Io sono fuori età, fuori taglia, fuori mercato. La prova vivente che il nostro non è il partito della gnocca». Una tosta. Non a caso era soprannominata la Lady di ferro di Forza Italia. La Margaret Thatcher che è in lei l’ha ritirata fuori quest’estate, quando si è arruolata nella falange di frondisti anti-tremontiani. «Un giorno, incrociandomi in Transatlantico con Frattini, Giulio gli ha detto: “Occhio che questa è pericolosa, vuole fare la rivoluzione liberale”», racconta la Bertolini. «Ho risposto: “Sei molto più pericoloso tu che vuoi fare la rivoluzione statalista”». E anche al Cavaliere non le manda a dire: «Berlusconi comincia un po’ a stufare», sbotta davanti all’ultima battuta del premier, quella su «Forza Gnocca».

Che effetto le fa?
«Nessun effetto. Ho un percorso politico alle spalle: ho fatto il consigliere di quartiere, comunale, regionale. Non sono arrivata in Parlamento per altre vie».
E non si sente nemmeno delusa?
«Berlusconi incarna il sogno di una vita, anche se è molto cambiato. Ha subito troppo, oggi è un leone ferito. Semmai sono delusa dal Pdl, che quel sogno non lo ha realizzato».
Non si riconosce più nel suo  partito?
«Oggi mi ritrovo in un partito che non mi appartiene fino in fondo. Non ho ancora capito cosa sia il Pdl. C’ho creduto molto, ma ho la sensazione che sia rimasto un progetto sulla carta. Una vera anima come quella che aveva Forza Italia io non la vedo. Quello era un partito leggero, aveva un’identità e un afflato che ci teneva uniti. In questo convivono due anime profondamente diverse. Alfano è la persona adatta a guidare il Pdl, ma se lo deve ancora inventare».
Poi è arrivato il bunga bunga…
«Io sono liberale, non mi interessa che a Berlusconi piacciano le donne, lui non lo ha mai negato. Mi preoccupo solo se il privato
può avere conseguenze sul ruolo istituzionale. E questo, un personaggio pubblico non può non saperlo. Noi politici non possiamo lamentarci se siamo sotto i riflettori».
Cos’è, una tirata di orecchie al  capo?
«Nel caso di Berlusconi c’è stata una tale morbosità giudiziaria e mediatica che ha fuorviato molto dalla realtà. Io ho partecipato
più volte a cene politiche a casa sua e l’atmosfera è sempre stata elegante. Si è parlato di lavoro, ma ci si diverte anche. Lui è un grande anfitrione ed ha sempre la delicatezza di farti un omaggio. A noi deputate e senatrici in questi anni ha fatto regali meravigliosi».
Non vi ha rifilato le farfalline?
«No, ci ha fatto doni molto preziosi, è un generoso».
Dov’è che ha sbagliato?
«Più che difendersi, lui avrebbe dovuto rilanciare la sua politica. Invece il governo si è fermato. La gente da Berlusconi si aspetta che faccia delle cose, non credo sia interessata a cosa succede sotto le sue lenzuola, l’ha dimostrato in questi anni continuando a votarlo nonostante sia stato accusato di tutto».
Cosa pensava mentre leggeva le intercettazioni?
«Che Berlusconi è il tipico uomo italiano, è questo che lo ha reso così popolare».
Non prova imbarazzo nemmeno quando il suo leader dice che «la patonza deve girare»?
«No, mi fa morire dal ridere. Se fossero intercettati altri parlamentari, manager o professori, non credo che sarebbero più raffinati. A Berlusconi piace molto giocare sul ruolodi macho, di conquistatore».
Non ha un po’ svilito l’immagine delle donne?
«La faccenda delle escort non ha avvantaggiato noi donne del Pdl. Anzi, ci ha messe in difficoltà, perché per superare lo stereotipo dobbiamo dimostrare di essere più brave delle altre. E poi è vero che Berlusconi ha portato più donne in politica, ma nessuna ha un ruolo strategico.Io, però, ho affrontato la politica non da donna, ma come Isabella Bertolini. Nessuno può associarmi al cliché della velina».
Perché è diventata una frondista?
«Frondista… noi siamo i veri lealisti: chiediamo di tornare alle idee e al programma di Forza Italia».
Ma perché ce l’ha tanto con Tremonti?

«Non ce l’ho con lui, ma le ultime manovre che ha fatto le ho votate turandomi il naso. Non mi appartengono, non c’è dentro
niente che mi piaccia».
Quando nel 2004 il premier sacrificò Tremonti sull’altare di Fini, lei difese a spada tratta il titolare dell’Economia: «Per troppo amore della coalizione ha tolto il ministro simbolo». Cos’è cambiato?
«È cambiato Tremonti. Ha rinnegato l’anima liberale di FI optando per una politica troppo statalista. Prima io lo sentivo  come uno di noi. Oggi non lo considero un ministro del Pdl, ma della Lega. Di questo abbiamo discusso amabilmente, lui mi ha anche scritto una lettera».
Una lettera acida?
«No,anzi. Io l’avevo criticato perché lui in Emilia Romagna viene solo agli eventi della Lega e lui mi ha scritto una lettera carina parlando di aceto».
Pensa se non era arina.
«Fu simpatico davvero. Mi scrisse: “L’aceto va bene, ma solo se è Modena”, riferendosi a quello balsamico. È stato molto bravo a tenere in ordine i conti pubblici, ma oggi da lui mi aspetterei un colpo d’ala. Invece vedo un immobilismo che ci devasta».
Se il decreto sviluppo non le piace e verrà blindato con la fiducia, lei lo voterà?
«Non farò mai mancare la fiducia al governo. Ma Tremonti si scordi di presentarsi col solito pacchetto “prendere o lasciare”. Si prepari: avanzeremo le nostre proposte, che non gradirà».
Non pensa che sarebbe meglio per tutti, in primis per Alfano, se il premier facesse un passo indietro?
«Il cambio di governo è una decisione che spetta solo agli elettori. Berlusconi però ha un dovere: garantire un futuro alla nostra classe dirigente e far sì che non venga spazzata via quando lui non ci sarà più».
Quando conobbe Berlusconi?
«Aderii a FI nel ’93 e l’anno dopo fui candidata al Consiglio regionale. Ma Berlusconi lo conobbi tra il ’96 e il ’97, quando organizzammo un mega-evento per lui a Bologna. Il grande rapporto tra noi nacque nel ’99, quando venne a Modena. Non trovavo un posto dove poterlo accogliere perché l’amministrazione rossa ci negava anche i cinema. Lo portai alla Borsa merci, dove facevano il mercato del bestiame. Prima però andammo al ristorante dove lui mangiò di tutto: lo zampone per
antipasto, i tortelli, lo gnocco fritto… Adesso gli verrà l’abbiocco, pensai. Invece al comizio conquistò pure i compagni».
Alfano non era neanche nato politicamente quando lei entrò in FI. Che effetto le fa ritrovarselo leader?
«Lui ha qualche anno meno di me, ma io me li porto bene», ride, «gli voglio molto bene, è un ragazzo pulito, con grandi ideali e la capacità di aggregare. Ha il carattere per fare il leader. E anche il carisma».
Va recuperata l’alleanza con Casini?
«È assolutamente necessario. Io sento di avere molti più punti in comune con l’Udc che con la Lega».
Come fa una modenese ad essere di  destra?
«Per reazione. Vivevo in una città così impregnata di comunismo…».
Com’è stata la gavetta in una città così rossa?
«Faticosa, ma divertente. Iniziai a fare politica a 16 anni al liceo e mossi i primi passi nel Pli, che era un partito quasi lobbistico.
Formai il gruppo di Gioventù liberale. Poi divenni l’unico consigliere liberale di circoscrizione in pieno centro storico».
E adesso lei fa parte della “casta”. Cosa prova quando accusano voi parlamentari di essere dei privilegiati?
«Sicuramente lo siamo. Ma c’è stata moltissima demagogia. I Presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, avrebbero dovuto
difenderci di più. Invece ci hanno lasciato sbranare dall’antipolitica».
Cosa le è rimasto dell’infanzia
«Le bellissime feste di compleanno che mi organizzava mia mamma d’estate al mare, in Versilia».
Ricorda la sua prima cotta?
«Certo che sì.  Avevo 15 anni, lui era un ragazzo bellissimo, più grande di due anni, che giocava a pallacanestro. Fu un amore romantico, di quelli in cui ci si guarda molto negli occhi».
Lei è reduce da un divorzio. C’è oggi un amore?
«Sì. Ho ricostruito la mia vita, sono contenta, ma molto cauta. Anche se il mio è stato un matrimonio sereno. L’unico rimpianto che ho è di non aver avuto figli».
Il suo nuovo compagno è un collega?
«No, ma è uno che ama la politica. Per fortuna, perché io sono innamorata persa del mio lavoro, che mi assorbe totalmente. Forse anche per questo è fallito il mio matrimonio…».
Si risposerebbe?
«Perché no? Non lo escludo affatto. Anzi…».
L’intervistadi Barbara Romano al Vicepresidente dei Deputati del PDL pubblicata sul quotidiano Libero il 10 ottobre scorso

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