Manca solo Bandiera Rossa e poi Zingaretti ha rifatto il Pci

Ci manca solo Bandiera Rossa e poi Zingaretti ha rifatto il Pci. Da Bologna il segretario del Pd ha tirato fuori gli slogan per il voto. La paura di restare imbrigliati in un governo assolutamente dannoso per l’Italia; assieme al nervosismo dei Cinquestelle finiti pure nella melma determinata dal caso Trenta; stanno convincendo la sinistra a puntare alle elezioni. Anche perdendo, ma facendo piazza pulita della concorrenza, per candidarsi all’alternanza futura.

Non si spiega altrimenti l’insistenza di Zingaretti su temi adatti più ai suoi estremisti che alla pancia di un paese smarrito dall’inconcludenza della politica. Sembra la resa all’incapacità di lanciare un progetto che possa rappresentare una novità. Il richiamo ai temi identitari per la corsa al voto, non una traccia di innovazione. Il repertorio fa sbadigliare, però renderà magari più focosi i suoi militanti.

Ius soli, immigrazione, antifascismo: Zingaretti verso l’estremismo – La corsa allo ius soli pare un suicidio annunciato. Insistere sulla cittadinanza facile mentre diventa sempre più facile approdare dall’Africa all’Italia è indecifrabile, incomprensibile. Un regalo al fronte sovranista e se Forza Italia la smette con le fibrillazioni interne, all’intero centrodestra.

Di Maio, in un raro momento di lucidità, lo aveva fatto sapere pubblicamente a Zingaretti, salvo poi accucciarsi pure lui alla propaganda rossa. Il business dell’immigrazione muove interessi sempre più notevoli, ai quali non è estranea la cooperazione rossa. E se vuoi tentare di prendere quei consensi devi scegliere: ius soli o sicurezza. E non è nemmeno casuale la tirata di Zingaretti contro i decreti in materia partoriti dal governo gialloverde all’epoca di Salvini al Viminale. Pressato dalla compagnia migrantista interna al partito, il buon Nick ora pretende una nuova agenda per cancellare quegli atti, anche a costo di umiliare l’alleato che allora li votò, beccandosi anche insulti.

Nello schema identitario di Zingaretti figura anche quel verboso richiamo all’antifascismo, collocato nello statuto, perché qualcuno gli ha messo in testa il nesso tra gli anni Venti del terzo millennio con quelli del secolo scorso. Roba da manuale di neuropsichiatria, ma succede anche questo. Ovviamente, sul pericolo comunista evocato dal Parlamento Europeo presieduto dal compagno Sassoli manco una parola. Nella marmaglia rossa c’è il rischio che si incazzino.

E i pentastellati non sono così diversi… – Non stanno meglio i grillini, che sempre più si ritrovano invischiati negli affari di casta. Denunciavano tutti, ma ora in Procura – adesso quella militare – ci finiscono i loro. Perché è brutta la situazione di Elisabetta Trenta, che deve rispondere di quel privilegio, come lo bollano persino tanti grillini. L’ex ministro della difesa si difende dicendo che lei non può vivere dove si spaccia droga. Povera cocca di mamma, ma lo sa quanti italiani devono convivere con lo spacciatore sotto casa? Che vergogna questa affermazione per giustificare quello che a tutti appare un abuso vero e proprio. E questo aldilà della forma. Perché è la sostanza che indigna: ti prendi un alloggio da ministro (ancora oggi?) e te lo tieni quando ti sbattono fuori dal governo.

Non è certo Di Maio a poterla raccontare giusta. Da giorni leggiamo del suo staff fiabesco alla Farnesina e lui non dice una sola parola. Scarica la Trenta per evitare fulmini su di sé. Potremmo dire che trenta più trenta più trenta, la paura fa novanta…

Infine, l’autentico bordello sulla manovra con tasse che vanno su e giù come le montagne russe. Chiudetela presto questa pratica e riportate velocemente gli italiani alle urne. Magari, preoccupatevi di dirlo anche a Mattarella, sennò si ricomincia come ad agosto…

Francesco Storace

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