Perna: ”Monti è un narciso 75enne che cammina sulle acque”

Giancarlo Perna per “la Verità

Ormai in pensione e con la sola sinecura di senatore a vita, il professor Mario Monti, passa il tempo in tv. L’ex premier profitta degli inviti per esaltare quanto fece nell’anno e mezzo del suo governo (novembre 2011-aprile 2013). Difende l’ indifendibile ma c’è comunque da imparare. Monti è un borghese autentico della razza di cui si piange la mancanza. Se anche parla come Dio in terra, ci trovo spesso un fondo d’onestà.

Vissuto a lungo nell’Ue, ne conosce vizi e virtù. Non è affatto un sostenitore acritico della costruzione europea, contrariamente alla fama che ha. Anzi, fossi Giuseppe Conte lo chiamerei come consulente per conoscere le logiche segrete della burocrazia brussellese. Sono certo che accetterebbe. Nella frenesia dei talk show sfuggono cose che andrebbero invece infilzate come una farfalla ed esaminate entomologicamente. In maggio, insediato il governo, Monti disse a Piazzapulita su La7: «Incontrerei Luigi Di Maio e Matteo Salvini per dare consigli sulla questione Ue. Li incoraggerei a essere più duri nei confronti dell’establishment europeo».

Stando agli stereotipi su Monti, non parrebbe una sua frase. È in apparenza contraria all’appiattimento sull’Ue che ebbe da premier – ma allora la situazione precipitava – e, in genere, alle sue posizioni filoeuropee. Nei panni del duo, avrei accolto l’invito. La persona è gradevole e assai forbita e un tè insieme non guastava certo.

L’OPPOSTO ANTROPOLOGICO

Oggi, i rapporti sono deteriorati. Monti è severo specie con Salvini, suo opposto antropologico. Di lui ha detto, nei giorni scorsi: «È pericoloso perché ha abolito ogni forma di correttezze politica». E ha precisato: «Salvini ha due vene di pericolosità che i 5 stelle non hanno: l’avversione all’Europa e una sorprendente capacità di impartire agli italiani un corso quotidiano di diseducazione civica». Badate, non una critica di merito – niente contro il blocco degli immigrati, il decreto sicurezza, eccetera – ma di forma, per l’obiettiva rudezza salviniana.

Tra gli uomini di mondo come Monti – sempre in loden, giacca cravatta, capelli composti – l’etichetta è valore di fondo. Ma anche nei corridoi di Bruxelles e nelle aule di Strasburgo le apparenze sono sostanza. Senza rispettarle, non si va da nessuna parte. È questo il messaggio continuo che il professore comunica nei suoi bla bla televisivi. Giorni fa, ha detto con sarcasmo che per il governo è arrivata «l’ora Tsipras».

Ossia la resa dei conti con la cricca di Jean-Claude Juncker che piegò il premier greco, il quale si era inizialmente comportato da Rodomonte. A giudizio di Monti, ora tocca a noi, colpevoli di non esserci genuflessi come invece aveva fatto lui nel 2011.

LA GENUFLESSIONE ALL’UE

Il prof non è cieco. Da economista, sa bene che le ricette di Bruxelles sono più un fallimento che un toccasana (caso Grecia). Bisogna però fingere di crederci e prostrarsi per evitare la spedizione punitiva della Troika. Lo ha spiegato benissimo 2 mesi fa, ancora sulla La7. Monti, al solito, si stava automonumentando come salvatore della patria. Al che, Antonio Maria Rinaldi, economista e seguace dell’ euroscettico Paolo Savona, lo ha rimbeccato: «Non fu lei ma Mario Draghi a salvarci con il quantitative easing (acquisto Bce del debito, ndr)».

Pronta la replica di Monti: «Senza il mio governo nel 2011, Draghi non avrebbe potuto realizzare il quantitative easing». Qui, prese respiro e viene il bello. Prego il lettore di soppesare quello che aggiunse, alla luce di quanto abbiamo detto sull’ossequio preteso da Bruxelles: «Vi immaginate il presidente Bce, che aiuta il suo Paese senza che questo faccia nulla per migliorare i conti?».

Ossia: se non mostriamo prima che siamo genuflessi, nessuno ci verrà incontro. Neppure la Bce o l’ italiano Draghi, che ha bisogno di un appiglio per darci una mano senza apparire di parte. Ecco perché Monti ci bastonò. Non per fiducia nelle prescrizioni Ue ma per carezzarne la vanità, cedendo ai suoi diktat. Fu vile? Opportunista? O solo saggio?

INSOSPETTABILE EUROSCETTICO

Gratta, gratta, scopriamo che il prof è un euroscettico, cinico abbastanza da mostrarsi servile per scansare il peggio. Ci ha evitato il precipizio greco ma gettati sul lastrico. Con Monti il debito pubblico è aumentato di 10 punti. Dal 120 per cento sul Pil siamo passati in 2 anni a 129, attestandoci sui livelli che sono oggi all’ origine di tutti gli inciampi. La tassazione sugli immobili, allora tra le più basse d’ Europa, è ora tra le più alte e colpisce l’ 80 per cento di noi.

La povertà è cresciuta, i consumi sono calati e 5 anni dopo siamo fermi come un rospo spiaccicato. Per questo capolavoro, l’ allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, blandì il Nostro fin dall’ estate 2011 perché accettasse di sostituire, a Palazzo Chigi, il declinante Silvio Berlusconi. Onusto come era già di cariche, il prof titubò. Napolitano ne vinse la ritrosia con un gesto neroniano: la sua nomina capricciosa a senatore a vita.

Monti è un Narciso settantacinquenne che cammina sulle acque. A 29 anni era già ordinario di Economia. La Bocconi di Milano è stato il suo nido. Ne fu allievo, ci ha insegnato, ne è stato rettore (1989-1994), infine, succedendo a Giovanni Spadolini, presidente (1994-2011). Suo faro accademico fu Onorato Castellino, preside di Economia a Torino, e protettore anche della collega, Elsa Fornero, futura gemma del suo governo.

GERARCHICAMENTE UN BOSS

La fama scientifica di Monti è relativa – si ricorda un «modello Klein-Monti», sulle banche in regime di monopolio -, immensa invece l’ aureola in cui si è avvolto. «Lo chiamavamo boss”, ha raccontato un bocconiano suo allievo, Alberto Bisin, oggi docente negli Usa, “perché i suoi comportamenti non davano adito a dubbi su chi stesse sopra e chi sotto nella gerarchia. Non ho mai sentito nessuno dargli del tu». Il prof ha avuto un solo amore, la moglie, Elsa Antonioli, conosciuta da liceale. Quando, neo laureato, stava andando a Yale per perfezionarsi, Elsa gli disse: «Prima mi sposi». La impalmò a 24 anni, ingessandosi definitivamente. Hanno 2 figli, oggi sui 40, ben sistemati come «figli di».

Giovanni, economista, già top manager di Parmalat, poi di Morgan Stanley. Federica, prima assunta dallo studio Ambrosetti (forum di Cernobbio), oggi sposata e mamma.

L’esperienza più importante del Nostro furono i 2 incarichi consecutivi come commissario Ue. La prima esperienza, nella commissione guidata da Jacques Santer (1995-1999), come titolare del Mercato interno, finì in modo opaco con lo scioglimento anticipato dell’intera compagine per una responsabilità collettiva in malversazioni. La seconda, nella commissione di Romano Prodi (1999-2004), fu più tranquilla. Dopo di allora, Monti è diventato uomo di fiducia dell’intera élite transazionale.

IL PAPÀ DIRETTORE CARIPLO

Il nonno del Nostro, Abramo, era un emigrante italiano a Buenos Aires. Aveva una birreria famosa tra l’Avenida Maipù e l’Avenida Cuyo nel cuore della movida cittadina. In Argentina, nacque il padre, Giovanni, che però tornò in Italia con i suoi vecchi e si stabilì a Milano. Fece carriere in banca diventando direttore della Cariplo. Durante la guerra, nel 1943, ebbe in dono dal Signore il figlioletto Mario. Il paffuto angioletto vide la luce in quel di Varese e vi trascorse i primi anni. Poi, come abbiamo accennato, tracimò nel mondo ed è il vanto dei nostri giorni.

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