La dittatura dell’antifascismo

di Aldo Grandi

Se oggi, anno di (dis)grazia 2017, a distanza di quasi ottanta anni da quando è finita la guerra civile, la Sinistra ha bisogno ancora di emettere gli squittii per un ipotetico rigurgito fascista, non si può non pensare, con devastante consapevolezza il sottoscritto, all’atmosfera e all’aria che si respiravano negli anni Settanta, quando, veramente, pensarla diversamente e militare dalla parte sbagliata poteva significare lasciarci la pelle. Invece di cercare una pacificazione che tenda all’unità, il Pd e i partiti suoi satelliti invocano leggi speciali contro chiunque la pensi diversamente da loro, ispirandosi, in questo, ai principi di un antifascismo che non solo fa a cazzotti con la realtà e l’evidenza, ma che dimostra sempre di più l’ipocrisia, la strumentalizzazione, la mistificazione e la volontà di oppressione, soppressione e repressione di questa classe dirigente cresciuta a bombe molotov e falsità. Provocano, istigano, denunciano, smantellano, distruggono, inventano verità esistenti solo nelle loro menti deviate e per dargli un fondamento, si avvalgono dei servi sciocchi, dei giornalisti invertebrati che proliferano a qualunque latitudine, degli intellettuali falliti e frustrati, degli ex militanti vecchi bavosi e, ormai, escrementi di una società in dissoluzione. Non accettano il diverso, loro che si vantano di essere i protettori di ogni minoranza, ma che odiano la maggioranza solamente perché usa il buonsenso e ragiona con la pancia che è molto meglio, quasi sempre, della testa.

Viviamo in una dittatura mascherata, una forma di prevaricazione imposta da un Pensiero Unico dominante i cui fondamentalisti e traditori sono i rappresentanti stessi di un Paese, l’Italia, che non è nemmeno più una espressione geografica essendo stata, la geografia, soppiantata da altre discipline senza confini né identità. Hanno passaporto e documenti rilasciati dalle istituzioni inesistenti di uno Stato fantasma e preferiscono inondare questo disgraziato sottomarino a forma di stivale con milioni di litri di uomini e, poche, donne provenienti da continenti dove usi e costumi fanno a cazzotti con secoli di cultura e di arte. Il loro sogno è di essere l’Isis d’Europa, distruggere, cioè, ogni traccia di cristianesimo e di Occidente in favore di una massificazione, di una omologazione, di una massa amorfa di individui che di certo non hanno nemmeno l’identità sessuale, una accozzaglia di vegetali facilmente governabili e in grado di indossare i panni del consumatore indefesso.

Credono che l’uniformità sia sinonimo di eguaglianza e che l’eguaglianza sia sinonimo di libertà. Non hanno capito niente e, in particolare, non hanno compreso che, incredibile, ma vero, loro che hanno sempre contestato il Sistema, ne sono divenuti non soltanto i più strenui difensori, ma anche i più perversi alleati, prede, ciascuno nella loro demenza, di una schizofrenia galoppante che li ha fatti diventare partners invidiabili dei grandi organismi sovranazionali, omogeneizzanti e detentori del potere finanziario, ispiratori della distruzione di ogni differenza.

Oggi l’antifascismo spazia tra gli imbecilli che ancora credono alle favole – e che delle favole hanno bisogno per sentirsi vivi – e coloro che se ne servono coscientemente per alzare l’inesistente livello dello scontro politico e sociale. In realtà si vuol far passare, in nome dell’antifascismo antistorico e strumentalizzato, il permissivismo più esasperato per cui tutto ciò che non viene accettato dalla maggioranza, automaticamente entra a far parte del patrimonio antifascista e, quindi, meritevole di tutela.

Avete visto, amici miei molti dei quali, purtroppo e come recitava un famoso libro degli anni Settanta, marxisti immaginari, che la Gazzetta di Lucca, sicuramente un quotidiano non di sinistra, ma nemmeno di destra, un giornale on line decisamente fuori e sopra le righe, è finito nel mirino e non è la prima volta, di chi crede, solo perché riveste un ruolo politico di Potere, di poter cancellare ogni opposizione attaccando il punto debole di chi sceglie di camminare a schiena dritta e senza cedimenti: l’aspetto economico. Chiedere 250 mila euro a una piccola azienda editoriale in cui prestano collaborazione 30 persone e che ha introiti pubblicitari annui di poco superiori ai 115 mila euro, vuol dire annientare la sua libertà.

Se, poi, si pensa che lo stipendio mensile di ogni parlamentare che si sciacqua la bocca con parole come democrazia, pluralismo e libertà raggiunge e supera i 12 mila euro mensili, ci si rende conto che uno degli oltre 900 privilegiati di questa carrozza sfasciata chiamata una volta Italia, guadagna più di quanto riesce a produrre, senza alcun contributo pubblico, questa piccola impresa.

Tranquillizziamo, però, i nostri lettori. Preferiamo, se sarà necessario, morire in piedi piuttosto che prostituirci e se la nostra disponibilità e gentilezza sono state interpretate come segno di debolezza, beh, hanno sbagliato. Chi scrive ha un patrimonio composto dalla casa in cui vive insieme alla madre di 93 anni la quale possiede l’usufrutto vita natural durante. Non c’è altro. Se qualcuno pensa di potersi attaccare anche a questo, ben venga. Di sciacalli e iene è pieno il mondo.

Qualcuno, il presidente della Camera, ha dichiarato che da quando ha deciso di denunciare tutti quelli che erano ‘leoni alla tastiera sono diventati conigli in fuga‘. No presidente, si sbaglia. Molti sono soltanto dei poveracci i quali non avevano altro mezzo per contestare il Potere che affidarsi a facebook e agli altri social e se qualcuno, parecchi invero, si sono lasciati andare ad espressioni volgari e non certo da educande, è anche perché la rabbia verso la classe politica è così alta e così vasta da non conoscere, questa sì, confini.

Quanto a noi, non eravamo leoni sulla tastiera prima, non siamo conigli in fuga adesso. Siamo, solamente, italiani delusi, amareggiati, bistrattati, abbandonati, accantonati, sostituiti, depredati, devastati, allarmati, impauriti, ma, soprattutto, incompresi da chi, come voi, cari deputati e senatori, abitate lontano anni luce non soltanto dalle nostre esistenze, ma, ed è molto peggio, dai nostri cuori.

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