L’Italia: la divaricazione sociale con il resto dell’Europa

L’Italia: la divaricazione sociale con il resto dell’Europa

La degradazione del sistema Italia, tanto evidente nel confronto cogli altri Paesi dell’U.E., appare a molti inspiegabile. Agli osservatori dall’estero essa appare una ovvia fatalità.

Europa-Italia

Non é facile fare una lista dei fattori che la determinano, né chiarire i legami tra cause ed effetti, in un modo chiaro e realistico. Anche perché i varii fattori negativi della vita sociale italiana, perdente in Europa, interagiscono l’uno sull’altro in modo evolutivo. Si puo’ pero’ stilare un quadro realistico dei legami fra i diversi fattori esistenti, il quale permetta di:

• identificare i tratti più importanti della divaricazione Italia-Europa;
capire se il disastro sociale italiano (e le sue conseguenze economiche) continuerà o potrà arretrare.

La degenerazione italiana della seconda metà del ‘900, dovuta ad altri motivi, é stata pero’ accelerata dai seguenti fattori, esistenti nel quadro generale europeo:

• la liberalizzazione dei mercati ha portato alla necessità di essere concorrenziali, cioé efficienti;
il livello di concorrenzialità di merci e servizi, provenienti dai diversi Paesi della U.E., é apparso in molti casi essere notevolmente diverso.

Le persone in grado di risalire alle ragioni primarie delle differenze di competitività tra settori simili di Paesi diversi sono in numero molto limitato, sia perché pochi conoscono un determinato ambiente lavorativo in Paesi diversi, sia perché una valutazione oggettiva e realistica delle differenze richiederebbe molti approfondimenti di dettaglio sulle economie a confronto.

Le cause maggiori che influiscono sulle differenze nella competitività in Paesi diversi della U.E. (ma anche fra l’Italia del Nord e il meridione) sono essenzialmente:

• conoscenze tecniche/operative;
– tradizioni produttive e livello di formazione dei quadri;
• potenziali di creatività e di flessibiltà nelle evoluzioni delle economie;
– eventuale influenza inibitrice di comportamenti/ambienti arretrati.
– gestioni nazionali e locali dei servizi e delle strutture di supporto alla economia.

A loro volta, tali fattori sono legati ad un quadro culturale e comportamentale, che é ovviamente diverso nei varii Paesi. Cultura, comportamento e formazione sono la piattaforma di base su cui si costruisce l’ economia di un Paese. Alain Peyrefitte, rinomato sociologo francese, dice nella sua analisi storica “La Società della Fiducia”: “ Non c’è lo sviluppo e il sottosviluppo. Ci sono dei meccanismi mentali, generatori o inibitori di sviluppo, inegualmente presenti in ogni società della nostra epoca”.

Molti osservatori concordano che il quadro generale di cultura e comportamento nei Paesi anglosassoni appare, dal punto di vista dello sviluppo economico, più fortunato di quello dei Paesi latini. In particolare, se facciamo il confronto fra l’Italia e gli altri Paesi della U.E., latini e non, le conclusioni sono deludenti per l’Italia. Cerchiamo di capirne i motivi.

I comportamenti diffusi e il quadro sociale degli altri Paesi della U.E. sono essenzialmente basati sui seguenti valori: serietà, correttezza, responsabilità, eguaglianza reale (non teorica come da noi) dei diritti dei cittadini, selezione per merito. La situazione sociale italiana di fine secolo è invece frutto di passate deficienze, caratteristiche del nostro Paese, e di recenti degradazioni. Di fatto la qualità e l’efficienza del sistema sociale italiano é ben lontano da quello medio europeo.

Il mondo economico sia europeo che mondiale è in rapida evoluzione, non solo come tipo e qualità dei prodotti, ma anche come complessità dei quadri operativi. L’aumento di complessità per molte attività economiche agisce da discriminante, nel senso di privilegiare nei risultati i sistemi e i Paesi ben strutturati e organizzati, ma anche nel colpire duramente le entità e i Paesi che difettano di affidabilità e organizzazione.

L’Italia é forse l’unico Paese della U.E. in cui si sono troppo diffusi negli ultimi lustri, sia nelle attività economiche che nella vita pubblica, i seguenti comportamenti:

• poco interesse per la ricerca degli elementi reali ed obiettivi che generano un problema;
diffusione nelle attività economiche della comprensione intuitiva e personale e di interpretazioni personali, spesso preferite allo inquadramento delle attività in un programma chiaro, organico e strutturato;
abitudine a privilegiare, nella vita sociale come nel lavoro, lo scenario apparente rispetto alla realtà oggettiva (costume comune a tanti Paesi latini);
improvvisazione e approssimazione.

La mancanza di una organizzazione adeguata alle circostanze, di chiarezza e di precisione sufficienti (non le impariamo a scuola), fa si’ che l’associazione in un’attività di un gran numero d’Italiani comporta molto spesso:

• la mancata chiarezza iniziale nella definizione delle condizioni in cui l’ attività va inserita, comporta la insorgenza di zone grige, generatrici di difficoltà;
inefficienze, ritardi, difficoltà impreviste;
la mancanza di riflessione razionale e analisi serie porta, ad esempio, in presenza di cattivi risultati, a
effettuare cambiamenti radicali piuttosto che individuare l’elemento particolare difettoso da correggere.

L’Italia ha in effetti alcuni primati europei poco invidiabili: numero di giornate di scioperi nazionali; numero di incidenti gravi sul lavoro; incapacità del parlamento e degli organi competenti di organizzare una vita sociale a livello europeo, nonostante i ripetuti tentativi; diffusione della criminalità e dell’omertà nel pubblico e nel privato; crisi della giustizia e di molte strutture e servizi pubblici. Inquinamento oltre i limiti europei!

Confronti seri con Paesi avanzati dell’Europa mostrerebbero sicuramente che noi Italiani non sappiamo dominare, gestire e organizzare grosse strutture. Basta una semplice esperienza: assistere ad un’assemblea o a un negoziato fra parti opposte, in un Paese europeo di latitudine più alta. Capiremmo la differenza fra la civiltà e il quadro italiano/sudamericano.

Sappiamo al contrario generalmente primeggiare sugli altri Europei, e siamo percio’ammirati, almeno in due tipi di situazioni:
• ove occorre iniziativa e capacità commerciale;
• quando bisogna creare, inventare.
Ma, per primeggiare, ci é più facile farlo se siamo inseriti in una struttura organizzata da non Italiani. Vedere il successo di tanti Italiani all’estero, e poi scoprire quanti di loro ci avevano provato in Italia, ma non erano riusciti!

Un paragone serio fra l’efficienza di grosse strutture italiane e quella delle corrispondenti in altri Paesi avanzati della U.E. (ad esempio gestioni ministeriali, servizi pubblici, attività e risultati parlamentari) mostrerebbe in filigrana fino a che punto i nostri comportamenti si sono allontanati dall’Europa, per avvicinarsi invece a quelli del Medio Oriente.o del Sud-America. La deriva é purtroppo rapida e, vista dall’estero, sembra inarrestabile per un semplice motivo. Non si conoscono sufficientemente le cause maggiori della deriva, né si é iniziata una riflessione seria per analizzarla. Comunque l’Italiano é spesso uso a concentrarsi sul presente, trascurare il futuro e affidarsi alla propria capacità di adattarsi. Anche alle degradazioni.

La maledetta china che percorriamo é molto ripida, e tutta in discesa. Vogliamo cercare, seriamente, le cause della degradazione galoppante ? E discutere la possibilità di correzioni ?

Ulrich Realist

 

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