Clima, la lotta UE al fantomatico riscaldamento globale penalizza l’Italia, ma non la Germania

Nella proposta, presentata oggi a Bruxelles, sulla distribuzione dello sforzo di riduzione dei gas serra che gli Stati Ue dovranno effettuare fra il 2020 e il 2030, la Commissione europea ha usato dei criteri che sembrano penalizzare alcuni Paesi, e in particolare l’Italia.

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La riduzione dei gas serra nei settori non coperti dalla “Borsa delle emissioni” (Etf-Emissions Trading System), ovvero l’edilizia, l’agricoltura, la gestione dei rifiuti e i trasporti, dovrà essere effettuata obbligatoriamente dai paesi membri secondo un obiettivo specifico per ognuno di essi, in modo che la somma complessiva delle riduzioni nazionali corrisponda a un taglio delle emissioni del 30% nel 2030, rispetto al 2005. All’Italia è stato assegnato un obiettivo del 33%, meno che alla Francia (37%) alla Germania (38%) e al Regno Unito (37%), che però, a causa della Brexit, potrebbe fra qualche anno non essere più vincolato dalle decisioni Ue.

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Ma nella proposta della Commissione ci sono due elementi che penalizzano in particolare l’Italia: il primo riguarda la clausola di flessibilità, ovvero la possibilità di correggere al ribasso lo sforzo di riduzione, tenendo conto dell’assorbimento dei gas serra da parte delle foreste e piantagioni presenti sul territorio nazionale. La percentuale di riduzione possibile ricorrendo a questa flessibilità è pari per l’Italia allo 0,3% dell’obiettivo nazionale. Si tratta della percentuale più bassa di tutta l’Ue, ad eccezione del Lussemburgo (0,2%), le percentuali più alte le hanno l’Irlanda (5,6%), Lituania (5%) e la Danimarca (4%). La ragione di questa discrepanza sta principalmente nel criterio secondo cui viene data una maggiore flessibilità ai Paesi la cui agricoltura produce quantità maggiori di gas serra. Quindi, l’Italia viene penalizzata per avere un’agricoltura che incide poco sul cambiamento climatico, rispetto ad altri Stati membri.

Un altro elemento che sfavorisce l’Italia è il criterio scelto dalla Commissione per stabilire la “traiettoria” di riduzione delle emissioni, ovvero il ritmo scandito da obiettivi annuali nella diminuzione dei gas serra, sempre per i settori non Etf. Questa “traiettoria” decrescente è stata stabilita non in base al livello che ciascun Stato membro avrà raggiunto al 2020, inizio della ulteriore riduzione delle emissioni fino al 2030, ma in base alla media delle emissioni che ciascuno Stato membro avrà registrato nel periodo 2016-2018. Questa scelta, di nuovo, penalizza l’Italia (ma anche la Francia) rispetto, ad esempio, alla Germania, in quanto i Paesi che avranno ridotto più velocemente le emissioni nel periodo 2016-2018 (ed è il caso del nostro paese) si vedranno poi assegnare una “traiettoria” di riduzione più rapida, con uno sforzo di riduzione maggiore, all’inizio del periodo 2020-2030. La Germania, invece, dovrebbe avere un livello di emissioni più alto del previsto nel periodo 2016-2018, e quindi avrà una “traiettoria” meno rapida all’inizio del periodo 2020-2030. ASKANEWS

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