In Italia la poverta’ aumenta, anche tra chi un lavoro ce l’ha

schiavi

30 set 2014 – I costi sociali dell’aggiustamento dei conti pubblici nei paesi periferici dell’area euro si stanno rivelando molto elevati. E’ quanto rileva il Cnel nel rapporto sul mercato del lavoro sottolineando che ”l’arretramento nel potere d’acquisto dei redditi medi delle famiglie in corso in diversi paesi sta conducendo a radicali mutamenti nei comportamenti di spesa”.

Anche in Italia le famiglie hanno modificato strutturalmente i propri comportamenti di consumo. ”Ampie fasce della popolazione stanno subendo un arretramento del proprio stile di vita. Sta aumentando la parte della popolazione che sperimenta condizioni di poverta”’.

Se tradizionalmente le difficolta’ erano associate prevalentemente allo stato di disoccupato, ”adesso anche fra gli occupati sono frequenti i casi di privazione materiale derivanti da condizioni di sottoccupazione o di precarieta’ del lavoro”. Il rischio di essere un working poor e’ cresciuto durante la crisi soprattutto per alcune categorie di lavoratori (i meno qualificati, con bassi livelli di istruzione e occupati in settori a bassi salari). Tuttavia anche quei gruppi che tradizionalmente ne erano esenti (lavoratori autonomi con dipendenti e i piu’ istruiti) sono stati investiti dal generale impoverimento.

Anche il rischio di poverta’ di nuclei familiari con alcuni membri che lavorano (la cosiddetta inwork poverty) e’ aumentato con la crisi. In particolare – rileva il rapporto – ad essere maggiormente esposti al rischio di poverta’ sono quelle famiglie in cui il lavoratore a bassa remunerazione e’ il principale se non addirittura l’unico percettore di reddito. asca

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