di Angela Piscitelli

Speziale libero, Battisti stopper.
11 magg – Del calcio me ne fotto da gran tempo. Esattamente dal 1987, l’epico giorno del primo scudetto del Napoli; ho un filmino: tutta la famiglia sul letto, bimba, tata, io, marito, e mio padre in poltrona, occhi puntati su una televisione che ancora aveva un grosso sedere e un po’ gracchiava, allo scoccare del 90° minuto; e poi strilli di gioia, canti, e l’esplosione dei caroselli festanti lungo la Riviera di Chiaia. E poi, il regista amatoriale zumma sul volto di mio padre: e si vede una lacrimona che scivola giù pian piano, lungo la guancia. Mio nonno fu presidente del Napoli e papà aveva seguito le sue orme, fondando e gerendo una piccola seconda squadra partenopea, l’Internapoli, quella per intenderci da cui uscirono – scoperte sue – Pinotto Wilson e Giorgio Chinaglia. Portava la famiglia in trasferta con la squadra. Ricordo Luis Vinicio che chiacchierava con mia madre e le tavolate alla pizzeria Gorizia, al Vomero. Papà era pure accompagnatore, e sedeva in panchina. In tasca aveva i premi di partita pronti, biglietti da diecimila per “i ragazzi†e forse pure qualcuno per comperarsi un portiere, se proprio proprio era necessario. Le schermaglie tra tifoserie avverse sono sempre esistite, ceffoni e ombrellate pure, ma nello scherzo, pur pesante, c’era ironia e mai cattiveria. Ricordo che una volta, in calabria, i locali contrariati da uno svantaggio casalingo, presero di mira il suo cappello e un petardo malandrino s’infilò nella falda: il cappello fumava, ma lui, preso dagli ultimi istanti della tenzone, non ci faceva caso.
Il mondo del calcio era un’avventura ed un linguaggio. Sulle tribune, e pure in campo, volavano insulti ma poi tutto finiva per ricominciare alla prossima, per la rivincita senza rancore e con arbitro rigorosamente cornuto.
Poi è successo che le squadre sono diventate aziende, che sono arrivate le magliette sponsorizzate, le mutande sponsorizzate, i calzini sponsorizzati, miliardi di lire e poi di euro, azioni, il commento sportivo si è fatto dietrologia, ed è chiaro che in mondo così, se ci metti cose “altre†da quelle che dovrebbero esserci, e ci togli la poesia, la creatività , e l’essenza pura di una sana e robusta competizione tutto se ne va a pitoffio e doppio.
I “benpensanti†interrompano qui la lettura. Trovo mostruoso che Genny ‘a carogna sia indagato per una maglietta: di magliette che inneggiano ad assassini certificati e osannati ne girano a milioni nei negozi e tutti le indossano senza avere certe gestapo di noantri tra i coglioni. Lui sarà pure carogna, ma con i suoi mezzi e con il suo linguaggio ha certamente evitato il peggio. E poi, indagato perchè? La maglietta l’hanno vista, non c’è mica bisogno di indagare, ma già , nessuno sa indagare più, visto che a giorni dal fattaccio sul farabutto che ha sparato è buio totale; in compenso piantonano il poveretto moribondo. Che cacchio piantonate, ve lo immaginate uno che se ne scappa con tutti i fili del baracchino della rianimazione, l’ossigeno, il catetere, la flebo, il chirurgo, l’anestesista, l’infermiere? E poi, accusato di che? Il tutto mentre un ministro che ha più capelli che neuroni blatera che “non c’è stata trattativa tra stato e ultrasâ€? Trattativa! La funzione dei capitifosi delle mitiche curve “bi†è stata sempre quella di trattare, oltre che di organizzare cori e striscioni. Certo che Carogna ha trattato col capitano; e certo bis che non parla il linguaggio dell’oratorio, sennò che carogna è? Il San Paolo chiuso cinque turni per una maglietta? Me ne faro’ fare una con su scritto: “Genny a carogna santo subitoâ€. E non me la tolgo, giuro, nemmeno se mi chiama Francesco.
C’è una sola certezza e in regime di vacanza del ministro dell’interno m’incarico di formulare una breve informativa: “ai margini di un avvenimento sportivo c’è stata una sparatoria nella quale è stato ferito gravemente un ragazzo che andava ad assistere all’incontro di finale della coppa Italia. Poichè ormai la giustizia acchiappa farfalle e retorica, il colpevole del tentato omicidio è ignoto, così come ignote restano le cause. Un ringaziamento a Genny la Carogna che si è prodigato affinchè il grave incidente non scatenasse reazioni violente e conseguenze peggioriâ€.
Bel tempo, quello in cui ai Veronesi che inalberavano un cartello che recitava “Forza Vesuvioâ€; i Napoletani risposero simpaticamente con un altro striscione, laconico: “Giulietta è na zoccolaâ€. Meglio non ricordare, alle volte potesse venir in mente a un togazzo di questi, di applicare la retroattività del reato e incriminare il Vesuvio, i Veronesi, i Napoletani, Giulietta e pure Romeo. Forza Napoli.
P.S: quanto poi al diritto di voto, al diritto di essere capo delle tifoserie o amminstratore di condominio o direttore della quadriglia, vorrei che lorsignori opinionisti e lorsignore toghe si pronunciassero sulla giurisprudenza: se la vostra repubblica giudiziaria ritiene che zii, nonne, nipoti, antenati, progenitura, consaguinei, etc. non abbiano alcun diritto, dedirittateli , così almeno darete meno pretesti ai sermoni di saviano.
di Angela Piscitelli – Zona di frontiera, 10 maggio 2014
