Caso Garlasco, ex procuratore Venditti contro i pm: “Maledetti”

ex procuratore Venditti

“Il rimorso vi soffocherà e il sorriso sul vostro viso per sempre sparirà ma sul mio ritornerà. Maledetti, maledetti, maledetti”

di Luca Fazzo – Il procuratore della Repubblica di Brescia, Francesco Prete, ieri mattina non è in aula a sentire parlare il difensore del suo ex collega Mario Venditti: e forse è meglio così. Perché l’avvocato Domenico Aiello prende a prestito una poesia di suo padre Giuseppe, l’Anatema, per usare parole pesanti contro una inchiesta che Venditti considera una persecuzione basata sul nulla: l’accusa di corruzione in atti giudiziari per avere archiviato dietro compenso, nel 2017, la prima indagine a carico di Andrea Sempio per il delitto di Garlasco. Lo stesso Sempio che oggi la Procura di Pavia accusa di essere il vero assassino di Chiara Poggi.

Lo scontro tra Venditti e i suoi accusatori era già salito di tono nelle settimane scorse, quando Aiello aveva accusato i pm di essere mossi da “violenza o vendetta”. Ieri il tono cresce ulteriormente, nell’aula del tribunale del Riesame chiamato a decidere sul dissequestro degli undici dispositivi informatici dell’ex magistrato prelevati durante la perquisizione del 26 settembre e da allora nelle mani della Guardia di finanza di Brescia, dopo essere stati dissequestrati e risequestrati in un lungo braccio di ferro. Se il Riesame dovesse annullare un’altra volta dare ragione a Venditti, al procuratore Prete non resterebbe altro che restituirgli tutto, compresi i dati nel frattempo estrapolati da computer e telefoni.

L’udienza di ieri è dunque un passaggio importante, la Procura non si presenta perché convinta di avere dimostrato già, con il materiale depositato nei giorni scorsi, la gravità degli indizi di corruzione di Venditti. Per il difensore dell’indagato, anche l’assenza dei pm è la prova di un accanimento insensato: “Una definitiva bancarotta del decoro e della coerenza”.

Lui, Venditti, la sua verità l’aveva già affidata ai microfoni di Dentro la notizia: “L’unico mio errore – spiega – è avere indagato nel 2017 su Andrea Sempio, anzichè fermarmi appena la Corte d’appello di Brescia aveva respinto la richiesta di rifare il processo ad Alberto Stasi, condannato per l’uccisione di Chiara. Da quel momento, il delitto di Garlasco per la giustizia era risolto, e non aveva senso indagare altrove”.

Ma una indagine, invece, Venditti la fece, “per eccesso di zelo”. Ed è proprio sulla sua gestione di quella veloce indagine che si stanno concentrando le attenzioni della procura di Brescia, partite dall’appunto trovato in casa del padre di Sempio sui “20.30 euro” pagati per l’archiviazione del fascicolo, e arricchite dalle intercettazioni in cui i familiari di Sempio parlano con crescente ansia del denaro da prelevare in piccole tranche da destinare a “quei signori lì”. Per Venditti, “quei signori” sono semplicemente i tre avvocati che difendevano Andrea: Simone Grassi, Federico Soldani e Massimo Lovati. “Io dovrei essere il corrotto – dice l’ex magistrato -, quello che ha percepito, il destinatario finale di questi movimenti di denaro. Ma questi movimenti di denaro si sono fermati agli avvocati di Sempio”.

È la versione che, dopo qualche discrepanza iniziale, hanno fornito anche i tre legali alla Procura di Brescia nel corso dei loro interrogatori. Una versione che, trattandosi di contanti, è difficile da verificare. E che negli inquirenti bresciani ha lasciato soprattutto un dubbio: a cosa servivano tre avvocati, in una indagine durata poche settimane?
www.ilgiornale.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *