Incinta al secondo mese, è spirata tra le braccia del marito davanti all’ospedale Franchini di Montecchio, in provincia di Reggio Emilia
REGGIO EMILIA – Dopo la morte di una donna incinta davanti all’ospedale di Montecchio, nel reggiano, “occorrono revisioni, non alcune informazioni”. A invocare un cambio radicale nell’organizzazione del sistema dei soccorsi da parte dell’Ausl di Reggio Emilia è lo Snami provinciale, che reputa “inaccettabile” quanto accaduto ieri.
“TAGLI E SERVIZI A SINGHIOZZO”
Tra “servizi di Pronto soccorso a singhiozzo, riconversioni di punti di primo intervento in Cau, tagli dei mezzi medicalizzati sul territorio nell’ultimo anno”, elenca il sindacato, ormai quello del soccorso sanitario è un sistema “a ‘roulette russa’, basato sulla logica del ‘tanto capita poco’“. Nel 2023, ricorda Snami, “sono stati 1.086 i pazienti in comprovate condizioni critiche che hanno raggiunto i Pronto soccorso della provincia reggiana senza assistenza medica e 1.469 sono state le attivazioni in codice rosso da parte della centrale operativa senza possibile attivazione contestuale del mezzo avanzato medicalizzato”.
PRONTO SOCCORSO CHIUSO DI NOTTE DAL 2020
Per l’Ausl di Reggio Emilia, continua lo Snami, il taglio dell’automedica di Montecchio dello scorso dicembre, “basato sulla logica dei bassi volumi di attività, è stato inderogabile così come il perpetuare la chiusura del Pronto soccorso del Franchini nelle ore notturne”, così dal 2020.
Di conseguenza la popolazione della Val d’Enza, che conta 62.000 abitanti su 240 chilometri quadrati, “in caso di effettivo pericolo di vita deve attendere l’arrivo del medico del 118 con sede a Traversetolo”, che è nella confinante provincia di Parma, oppure “quello in partenza dal centro città di Reggio Emilia, entrambi con tempi di arrivo aggravati non solo dalle lunghe distanze, ma anche dalle possibili partenze ritardate, avendo recentemente raddoppiato i bacini di utenza, e al netto delle condizioni meteorologiche e di viabilità”.
“ACCESSO INIQUO ALLE CURE”
Stando così le cose, ragiona lo Snami, risulta allora “comprensibile in momenti concitati cercare di fare qualcosa. E allora si decide di recarsi al Pronto soccorso senza valutare, ricordare o forse senza sapere che il servizio non è attivo o riconvertito, sostituito o peggio chiuso”, sottolinea il sindacato in merito alla vicenda di Montecchio. Da qui, la richiesta di revisione del sistema dei soccorsi. Ma non solo. All’Ausl reggiana “occorre ribadire come anche secondo l’Agenas parlare di volumi di lavoro in riferimento a un servizio essenziale e delicato come l’automedica è da evitare” per non creare “iniquità di accesso alle cure. Esso deve essere garantito a prescindere dal numero di interventi. Non sono i volumi di intervento a contare, ma i tempi”.
“MANAGEMENT VIVE SU UN ALTRO PIANETA”
Il taglio dei mezzi di soccorso, punta il dito lo Snami, ha invece reso “il sistema di soccorso reggiano troppo rigido e a rischio di divenire incapace” di intervenire in caso di eventi contemporanei. Peraltro, ci tiene a ricordare il sindacato, le linee di organizzazione del sistema sono “assolutamente non condivise dai medici dell’emergenza”. Appare dunque “sempre più evidente la distanza tra gli operatori, che ogni giorno sul campo vivono la vera emergenza, e il management che pare vivere su un altro pianeta- attacca lo Snami- gli eventi avversi possono sempre capitare, ma operatori e cittadini meritano un sistema organizzato in modo da permettere a tutti di lavorare con serenità e al massimo delle possibilità, per permettere l’erogazione di cure mediche d’emergenza tempestive, sapendo che tutto possa essere fatto nel migliore dei tempi e dei modi. Quando questo non avviene, i primi a lasciare i servizi di emergenza sono gli operatori traumatizzati dal vivere in modelli organizzativi che paiono arrendevoli, rinunciatari e di fatto cedenti il passo all’accettazione della fatalità”. AGENZIA DIRE