Femminismo di maniera, donne a metà

natalia aspesi

Un articolo di Natalia Aspesi su la Repubblica ha in questi giorni fomentato una certa discussione che mette a nudo tutte le incongruenze e, se ci è permesso, tutte le sciocchezze di un certo femminismo che d’un tratto si è visto costretto ha guardarsi allo specchio (ma non sempre chi si guarda ha il coraggio di riconoscere ciò che vede). Noi, beninteso, non abbiamo mai creduto che le femmine, in fatto di intelligenza e talento, abbiano nulla di meno rispetto ai maschi, così come però non crediamo che il fatto sessuale nel mondo occidentale sia da decenni più ostativo per una loro carriera: siamo così ingenui da pensare che se ci sono meno femmine parlamentari, è solo perché meno intraprendono questa carriera.

Ma un femminismo sciocco, dopo che tutte le costituzioni occidentali garantiscono ormai dal dopoguerra ogni parità e quindi non avrebbe più motivo di esistere, ha notato che a questa parità di forma non corrisponde una parità di fatto nel mondo sociale e quindi, poiché crede che in ogni ambito sociale maschi e femmine debbano partecipare in misura uguale, ha cominciato a combattere contro questa che crede sia una discriminazione (naturalmente poi questo vale solo per il mondo socialmente “alto”: il femminismo non si è mai battuto, ad esempio, perché anche le femmine facessero il militare, nonostante la chiara discriminazione costituzionale, o per riequilibrare alcune professioni di basso rango che sono tradizionalmente maschili: vuole solo più femmine nel mondo imprenditoriale, culturale, politico). Per loro per esempio in politica, appunto, non esistono scontri di idee, o problemi di stupidità, o di capacità: il problema è solo ed esclusivamente sessuale: basta che sia una femmina a ricoprire una carica e tutto va bene.

Il Presidente della Repubblica? Metteteci una femmina: chiunque sia, e il paese avrà fatto un passo avanti. Ministre? Le vogliamo femmine, e tutto va bene. Hanno pure preteso le quote rosa, una misura discriminante, e i partiti subito si sono accodati per fare capire che loro seguono sempre il vento che tira senza controbattere. Se poi magari qualche ministra acclamatissima come Marta Cartabia (che a suo tempo fu nominata con lacrime di commozione prima donna vicepresidente della Corte Costituzionale) fa poi un disastro ci si gira dall’altro lato, e nessuno pensa che magari il problema non è di sesso ma di gestione della carica, e che non ce ne frega niente se chi svolge il lavoro è maschio o femmina, ma che almeno lo sappia fare.

Adesso, tutto d’un tratto, sul fattore sessuale gioca molto abilmente Giorgia Meloni. Ma ora che finalmente il femminismo italiano potrebbe afferrare quello che è il suo sogno di oltre mezzo secolo Natalia Aspesi, seguita affannosamente da tutta una schiera del mondo intellettuale o quasi femminile italico, si guarda allo specchio e ne sembra terrorizzata. Ma non ha ancora la sincerità di riconoscere che questo mondo sempre difeso poggia da sempre su sciocchezze: invece di dire chiaro e tondo che nella politica il sesso non conta nulla ma quello che conta sono le idee e la capacità (e d’altronde nessuno ha mai avuto da ridire se nel dopoguerra grandi nazioni come Regno Unito, Germania o Israele sono state guidate da donne), pur di non rinnegare un femminismo stupido mettono in piedi ragionamenti privi di ogni senso logico, dicendo per esempio che Giorgia Meloni è sì una donna, ma ragiona come un uomo: insomma, sarebbe donna fuori, ma uomo dentro. Alla fine, per essere femmina non basta essere femmina, ma lo devi essere come aggrada a questo femminismo di maniera, altrimenti si è maschi comunque.

Naturalmente, non pretendevamo che semplicemente guardandosi allo specchio molta gente cominciasse a riflettere su quel che vede: ci vuole anche un coraggio grandissimo. Questa idea omologante della donna come essere perfetto al di là dell’ambito sociale è puramente astratta, e si scontra con la realtà: ci sono donne capaci e incapaci, progressiste e reazionarie, e accanto a quelle con un forte senso materno ce ne erano anche di quelle che facevano le guardie ai campi di concentramento (e non si può semplicemente dire che se non ti garbano sono femmine che fanno i maschi).

Femminismo puerile

Non è il sesso qui che ci dà la misura di quello che siamo. Ma continuare a dire che le donne sono tutte uguali, e basta essere donne e tutto va bene significa continuare a non volere vedere la complessità del reale. Ma proprio perché i fatti non fanno riflettere crediamo che alle prossime elezioni si continuerà a pretendere un Presidente della Repubblica femmina, e a contare il sesso dei ministri.

In questo paese non abbiamo mai avuto una Tatcher né una Merkel, ma solo un femminismo puerile. Una volta Callaghan disse con tono elegantemente provocatorio alla Tatcher che vedeva in lei il solo vero uomo del suo schieramento ma lei si limitò a controbattere asciutta: “uno in più di quanti ce ne siano nel suo”. Il che forse spiega perché rimase al potere più di un decennio. In Italia avrebbe solo provocato due settimane di polemiche sterili.

prof. Emiliano Scappatura

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