Rubare 400 gigabyte di dati a unâazienda che si chiama Hacking Team senza che se ne accorga? Mi sembra impossibile. Ed è improbabile che un dipendente contrariato sia riuscito a sottrarli e a consegnarli a Wikileaksâ.
Fabio Ghioni, esperto di tecnologie non convenzionali divenuto celebre per essere stato a capo del Tiger Team di Telecom, è convinto che dietro alla denuncia dellâazienda milanese Hacking Team ci sia una precisa âexit strategyâ della societĂ stessa. âDopo averlo venduto a cani e porci, si sono accorti che il loro software spia gli era sfuggito di mano. CosĂŹ hanno scelto la fuga di dati per creare il caos ed evitare, chissĂ , qualcosa di peggioâ.
Eâ questa la tesi di Ghioni, che non vede differenza tra i software distribuiti dallâazienda di Milano e le armi. âSi tratta di virus molto semplici, ma molto invasivi. E a mio parere poco adatti anche alle normali attivitĂ investigative, perchĂŠ il rischio che il loro utilizzo comporta è troppo alto per un Paese democraticoâ. Ghioni si riferisce ai flussi di dati che questi programmi estraggono da computer, tablet o cellulari.
âIl produttore del virus, anche solo per motivi di controllo, mantiene lâaccesso ai flussi di dati. CosĂŹ lâeventuale vulnerabilitĂ dellâazienda diventa quella di tutti noiâ. Ma non è finita: âAttraverso questi strumenti si può anche immettere dati nei dispositivi controllati: pensate a cosa potrebbe farci chi si serve del ricatto per i propri affariâ. Impossibile difendersi. Utilizzare un cellulare, una mail, applicazioni come WhatsApp è piĂš che sufficiente a renderci tutti vulnerabili. âBasta esserne consapevoliâ, spiega Ghioni. E per difendere la propria privacy ha un solo consiglio: âLimitatevi al caro, vecchio contatto umano: parlate guardandovi negli occhi. Tutto il resto è tracciabileâ
di Franz Baraggino e Alessandro Madron – il fatto

