(di Andrea TAFURO – www.ilmessaggero.it) – «Poca empatia in reparto e nessuna informazione per diverse ore sulle condizioni di mio fratello». Parte da qui il racconto di una donna sull’odissea in ambulanza, durata oltre 6 ore, sopportata dal fratello prima dell’accesso alle cure nel pronto soccorso dell’ospedale di Copertino. Una ricostruzione che evidenzia l’attesa prima del ricovero e l’assenza di umanizzazione – percepita dalla donna – nell’assistenza ospedaliera in un contesto di risorse limitate.
E così dopo le 9 ambulanze con pazienti a bordo rimaste ferme per più di tre ore all’esterno del “Ferrari” di Casarano, un caso simile arriva da un altro nosocomio della provincia di Lecce, con un uomo preso in carico dal 118 (in codice arancione per un problema cardiaco) e rimasto in attesa sotto il sole cocente di lunedì scorso, dalle 12 alle 18 circa, in attesa di essere visitato dal medico dell’emergenza-urgenza.
A raccontare la situazione di ordinaria straordinarietà al “San Giuseppe” di Copertino, che ancora una volta contrappone la carenza degli organici all’elevato numero di accessi, è la familiare di un paziente.
La ricostruzione
«La giornata del ricovero – ricorda la donna – è iniziata attorno alle 12: cinque ambulanze già in coda davanti al Pronto Soccorso, ognuna con a bordo pazienti in attesa di essere ricoverati. Poco dopo con i mezzi fermi e i motori accesi sotto il sole cocente, è sopraggiunto un sesto mezzo di soccorso che trasportava una persona in codice rosso. L’arrivo dell’urgenza ha paralizzato ulteriormente le operazioni. Mio fratello è rimasto “parcheggiato” nel mezzo».
Soltanto alle 14:20, oltre due ore dopo l’arrivo, il paziente è stato finalmente accettato in reparto. «La visita da parte del personale del pronto soccorso – precisa la donna – è avvenuta solo alle 17:54, quasi sei ore dopo l’arrivo al nosocomio. Per tutto questo tempo, le richieste di informazioni sulle condizioni di mio fratello hanno trovato risposte generiche, con un infermiere che si limitava a comunicare che era “in attesa”. Solo successivamente, dopo alcune sollecitazioni, è stato comunicato l’inizio del trattamento ospedaliero e che il monitoraggio sarebbe durato diverse ore».
L’attesa per la familiare si è quindi prolungata sino alle 7 di ieri mattina, quando una telefonata del personale del pronto soccorso ha confermato la buona riuscita delle cure e la possibilità di dimissioni dell’uomo in mattinata, come poi è avvenuto poco prima delle 9. «Dispiace dover evidenziare queste criticità – sottolinea la donna – al netto delle evidenti difficoltà e pressioni che sopportano medici e personale ospedaliero. Ma proprio in questi contesti difficili, per chi lavora e per chi ha bisogno di cure, si dovrebbe puntare maggiormente sul dialogo e sull’empatia, per provare a umanizzare l’assistenza, fatta anche di attese e preoccupazioni».