Consiglio di Stato: Crocifisso nei pubblici uffici «non può essere imposto»

Crocifisso

La sentenza del Consiglio di Stato del 18 marzo 2024 chiarisce che un sindaco non può emanare alcuna ordinanza per rendere obbligatoria l’esposizione del crocifisso nelle scuole, nei tribunali e in altri uffici pubblici

Sono trascorsi 14 anni e alla fine il Consiglio di Stato ha dato ragione all’Uaar – l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti – per una vicenda che risale al 2010. A Mandas, piccolo Comune di duemila abitanti nel Sud della Sardegna in provincia di Cagliari, il sindaco dell’Udc Umberto Oppus emetteva un’ordinanza che imponeva il crocifisso in tutti gli edifici pubblici. Chi non lo esponeva rischiava una multa di 500 euro. Motivo dell’ordinanza da parte del primo cittadino era la reazione alla sentenza della Corte europea di Strasburgo, emanata in seguito al ricorso presentato dalla socia dell’Uaar Soile Lautsi.

La sentenza sul crocifisso

L’ordinanza nel paese sardo restò in vigore per qualche mese, poi il sindaco la ritirò dopo avere posizionato crocifissi in tutti gli uffici pubblici. L’Uaar aveva comunque già presentato un ricorso che il Tar della Sardegna veniva respinto nel 2017. Oggi è il Consiglio di Stato a dare definitivamente ragione all’Uaar “per avere il Sindaco straripato dai poteri attribuitigli”. Sono stati infatti violati il principio di legalità e il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi. Secondo la sentenza del massimo organo di tutela della giustizia amministrativa non solo il sindaco non poteva emanare quell’ordinanza non prevista né giustificata da nessuna norma.

Le reazioni

Intanto Umberto Oppus che è ancora sindaco di Mandas, rimanendo in carica per 10 anni dal 2005 al 2015 e nuovamente dal 2020 a oggi, commenta: «Prendo atto rispetto alla sentenza – commenta Oppus –. Nel caso in questione il Consiglio di Stato si è pronunciato sentendo solo una parte. Il Comune non si è infatti costituito in giudizio. Magari con una versione anche dell’altra parte avremmo avuto un altro tipo di sentenza». Ma alla fine confessa, anche in virtù della sentenza, che non lo rifarebbe: «Il mondo si evolve. La laicità anche per De Gasperi era uno dei valori più importanti, ma non contempla la cancellazione delle tradizioni storico-culturali secolari».
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