Bologna, l’ospedale del collettivo nella sede del Comune. Ma si può fare?

Bologna ospedale collettivo

I laboratori del Comune, dove si trova il collettivo che fa assistenza sanitaria, sono a norma per le visite mediche? C’è un’autorizzazione dell’Ausl di Bologna?

di Antonio Amorosi – www.affaritaliani.it – Il mistero della piccola struttura sanitaria dentro lo spazio del Comune di Bologna. Il collettivo politico di sinistra Làbas ha aperto in vicolo Bolognetti 2, spazio del Comune, un “Laboratorio di salute popolare”, con medici, infermieri, psicologi, dentisti e ricercatori che a titolo gratuito forniscono un servizio di sanità pubblica, aiutando chi si rivolge alla loro struttura. Addirittura c’è un laboratorio odontoiatrico.

Il servizio sanitario italiano è in panne, avvicinarsi a un pronto soccorso sottopone chiunque a un calvario, negli ultimi 20 anni la qualità delle cure è peggiorata radicalmente e in proporzione sono cresciute le fasce di popolazione che non sanno più come curarsi. Comprensibile vi sia una domanda di sanità gratuita o a bassissimo costo per chi non può permetterselo. Ma in Italia, per varie ragioni, a volte comprensibili altre meno, anche aiutare gli altri ha dei costi e una burocrazia imponente da sostenere, altrimenti si viene duramente sanzionati.

Encomiabile che si aiuti chi non è in condizioni di curarsi. Ma i laboratori del Comune, dove si trova il collettivo, sono a norma per eseguire le visite mediche? C’è un’autorizzazione dell’Ausl di Bologna, con l’ufficio igiene? Perché qualsiasi privato cittadino provi a fare la stessa cosa viene massacrato di controlli e sanzioni. Sono queste, in parole povere, le domande che stamattina la consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini ha rivolto all’assessore alla Sanità Raffaele Donini del Pd. In Italia un settantenne è stato multato con una sanzione di 900 euro solo per aver coperto una buca in strada, figuriamoci cosa può accadere a chi apre un servizio di assistenza sanitaria e non ha tutto in regola! Ma al di là di eccessi e storture burocratiche, la tutela delle persone da curare è sempre prioritario.

Castaldini ad Affaritaliani: “Non ho niente contro le cure a chi non può permetterselo, figuriamoci. Ma gli enti pubblici devono trattare tutti allo stesso modo, anche il collettivo che se si muove così è più o meno un imprenditore del sistema sanitario. Sul poliambulatorio di salute popolare ci sono diverse incongruenze che vanno verificate accuratamente dalla Regione”.

Quali incongruenze, consigliera?

“Qui si parla di un ambulatorio ginecologico, di uno dentistico ed uno sportello psicologico. Ma come sono gestiti? C’è il Direttore Sanitario? Non è dato saperlo, visto che contrariamente alla normativa, e rischiando oltre 15.000 euro di multa, nulla è indicato all’interno del sito internet del poliambulatorio, neanche la loro ragione sociale. Visto come è attenta la nostra Regione a questo tema”.

Si riferisce ai controlli che vengono mandati alle strutture sanitarie?

“Certo, mi auguro per esempio che sia rispettata la normativa per la sicurezza dei lavoratori, se i tirocini che fanno gli studenti, come dichiarato nel loro sito internet, sono inseriti in un percorso universitario. Poi, con quale partita Iva o codice fiscale opera il Laboratorio Salute Popolare e quali sono i bilanci, perché la nuova normativa impone di indicare i contributi pubblici ricevuti, e in base al fatturato anche i bilanci e i contributi erogati a chi ha cariche. Ma ad oggi nulla di questo è disponibile e dichiarato sui loro siti internet”.

Che le ha risposto l’assessore Donini?

“Che per un errore procedurale la Regione non aveva ricevuto la mia domanda in tempo. Ma che mi avrebbe risposto entro mezzogiorno. La risposa non è ancora arrivata (sono le 15.30, ndr). Il laboratorio di Làbas parla anche di prezzi “modici”, ma poco o tanto il tema è come questo sia possibile. I locali sono a norma? Un normale cittadino che apre un’attività simile viene iper controllato. Chiedo: ci sono convenzioni ad hoc o i prezzi vengano fatti sulla base di un intervento economico di Comune o Regione che finanziano la parte mancante? Parrebbe anche che alcune cooperative, che hanno in affido i minori stranieri non accompagnati, si rivolgano al poliambulatorio del collettivo. I quesiti sorgono in modo ancora più netto perché le attività si svolgono in locali del Comune di Bologna, assegnati”.

Abbiamo chiamato il numero “verde” del “Laboratorio di salute popolare” per parlare con i diretti interessati. Ci risponde una voce che non si qualifica ma dice di non voler lasciare dichiarazioni ufficiali. Spiega però informalmente che basta chiedere all’Ausl perché in Italia esistono altri laboratori popolari che svolgono la loro medesima attività. Fine della risposta.

A noi la situazione risulta più complessa: un normale cittadino che voglia aprire un’attività simile ha bisogno di notevoli capitali e viene passato ai raggi x dagli enti pubblici con permessi e controlli.

Davanti alla necessità la cosa importante non è la burocrazia ma la sostanza, aiutare. Su questo siamo d’accordo. Ma è comunque una questione dirimente la salvaguardia della persona e il luogo dove si esplica la prestazione sanitaria, di tutti, italiani, stranieri, poveri o meno e il medesimo trattamento formale, senza distinzioni, di singoli, aziende o gruppo che siano. In attesa della risposta della Regione e senza voler fare il processo alle intenzioni ci chiediamo se in alcuni casi le norme non valgono, e se il ragionamento deve essere adottato per tutti o solo per gli amici, o se le norme si usino come una clava solo con i nemici.

Se le attività si svolgessero in uno spazio occupato, fuori da qualsiasi norma ab origine, la cosa sarebbe anche umanamente comprensibile. Ma la stranezza è che l’attività si svolge in uno spazio assegnato dal Comune di Bologna. E poi la sanità in Emilia Romagna non era il fiore all’occhiello d’Italia? E’ messa così male che i collettivi aprono dei poliambulatori per tamponarne lo sfacelo?

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