Covid, così il governo USA ha fatto pressione sui social per censurare contenuti non allineati

Biden

Twitter files: le prove di come il governo USA, durante la pandemia, abbia fatto pressioni su Twitter e i social: “il Covid era la peste bubbonica”

di Antonio Amorosi www.affaritaliani.it – Negli Stati Uniti lo scandalo “Twitter files” è ancora sulla cresta dell’onda. In Italia non è neanche mai arrivato, vista la cappa di silenzio di giornali mainstream e tv. Alcuni l’hanno paragonato al Watergate, altri ridimensionato alla versione minore del “Facebook files”, fatto emergere dal Wall Street Journal e da tutta la rete di grandi giornali.

Il “Twitter files” è la storia di come il governo degli Stati Uniti, durante la pandemia, abbia fatto pressioni su Twitter e gli altri social media per far passare dei contenuti e sopprimerne altri. A ruota i giornali mainstream hanno seguito l’onda quasi fosse reale, riproducendo, chi volontariamente chi no, la narrativa voluta dal governo americano.

Tutto nasce dopo l’acquisto della piattaforma social Twitter da parte del multimiliardario Elon Musk. Musk a dicembre ha iniziato a pubblicare le comunicazioni interne all’azienda avvenute negli anni pregressi, affidando la disamina a giornalisti indipendenti come David Zweig che li ha resi pubblici in collaborazione con Free Press.

David Zweig e gli altri giornalisti hanno dimostrato in maniera inequivocabile come tutto il dibattito sul Covid sia stato truccato a favore di un unico filone narrativo che vedeva il Covid come la nuova peste bubbonica e che ci si potesse difendere dal virus solo con il vaccino salvifico delle case farmaceutiche.

La pratica, che sarebbe stata scatenata dal governo Democratico di Joe Biden, ha preso forma censurando informazioni vere ma considerate scomode dal governo degli Stati Uniti, screditando medici e altri esperti che non erano d’accordo con il governo, sopprimendo utenti, anche professionisti, che esprimevano pareri difformi e che venivano catalogati come disinformatori, bannati e definiti come creatori di fake, inclusi alcuni scienziati accreditati.

Una enorme bolla social che ha preso nella rete milioni di utenti ignari, falsando il dibattito pubblico.

Le piattaforme dei social media si rappresentano come un mercato neutrale per lo scambio di idee e informazioni; un’agorà in cui giornalisti, politici, accademici, icone culturali, titani degli affari e comuni cittadini possono impegnarsi in un dialogo senza limiti dalle élite di controllo. Ma non è così.

All’inizio della pandemia, secondo le note delle riunioni interne di Twitter, l’amministrazione Trump era particolarmente preoccupata per gli acquisti dettati dal panico. E sono andati anche loro in cerca di “aiuto dalle aziende tecnologiche per combattere la disinformazione”, per paura delle “corse nei negozi alimentari”, “ma… c’erano veramente le corse nei negozi alimentari!”, racconta Zweig.

Quando è subentrata l’amministrazione di Biden, una delle prime richieste del governo è stata un incontro con i dirigenti di Twitter sul Covid. La strategie che emerge era quella di puntare l’attenzione su chi dissentiva, costruendo addosso ai soggetti una narrativa distruttiva, facendoli passare per No Vax sempre e comunque.

Da quel che si comprende il sistema è stato messo in pratica con tutti i social e sarebbe caduto a cascata su tutti i governi amici, meglio se di sinistra che condividevano già naturalmente la strategia, Italia in prima fila, viste le politiche adottate dal governo.

Dai documenti interni, che sono stati pubblicati a scadenze giornaliere emerge che il controllo veniva effettuato impostando il lavoro degli algoritmi secondo i desiderata del governo, tramite bot addestrati sull’apprendimento automatico e sull’intelligenza artificiale, con degli addetti in carne e ossa che applicavano le direttive dalle Filippine. Direttive che però risultavano essere troppo sofisticate, vista la complessità dell’interazione tra utenti e social, generando conflitti con le persone screditate che hanno iniziato ad intentare cause legali. I dirigenti di Twitter non hanno capitolato completamente ai desideri del team di Biden, ma hanno soppresso le opinioni di chi esprimeva pareri difformi, anche se provati con documentazioni fondate e anche se costoro erano medici e scienziati

Zweig ha riferito che il team di Biden era “molto arrabbiato” per il fatto che Twitter non fosse stato più aggressivo nel rimuovere dalla piattaforma gli account che non approvava.

“Un’analisi approfondita delle comunicazioni interne dell’azienda ha rivelato che i dipendenti spesso discutono molto di casi di moderazione e con maggiore attenzione rispetto a quanto mostrato dal governo nei confronti della libertà di parola”, ha riferito Zweig. Ma il giornalista ha anche aggiunto che Twitter ha soppresso le opinioni, comprese quelle di medici ed esperti scientifici le cui parole “erano in conflitto con la posizione ufficiale della Casa Bianca”, cioè “differivano dalle linee guida del CDC” o erano “contrarie ma vere”.

I funzionari dell’FBI interpellati da Fox News si sono difesi riferendo che l’Agenzia non ha chiesto ai dipendenti di Twitter di “agire” sulla base delle informazioni fornite. “Non li indirizziamo né chiediamo loro di agire”, hanno raccontato.

Ma le parole del giornalista in proposito sono state lapidarie. “Finora”, scrive Zweig, “i file Twitter si sono concentrati sulle prove delle liste nere segrete di Twitter; come l’azienda ha funzionato come una sorta di sussidiaria dell’FBI; come i dirigenti hanno riscritto le regole della piattaforma per soddisfare i propri desideri politici.”

“Le informazioni che contestavano tale punto di vista”, spiega sempre Zweig, “come mostrare i danni dei vaccini, o che potevano essere percepite come una minimizzazione dei rischi del Covid, soprattutto per i bambini, erano soggette a moderazione e persino alla sospensione. Non importa se tali opinioni fossero corrette o adottate all’estero”.

Una narrazione che ha completamente deviato la conoscenza di cosa stesse accadendo davvero e quali fossero le misure più idonee per contrastare il virus.

La democrazia USA condiziona e continuerà a condizionare gli altri Paesi occidentali. Ma oggi che l’avanzata dei Repubblicani sembra forte, hanno preso anche il controllo della Camera dopo le elezioni di medio termine, diventa più difficile nascondere quanto accaduto.

In soldoni per continuare a detenere le loro posizioni di oligopolio molte aziende Big Tech hanno trattato col governo USA, in un tira e molla, dove quest’ultimo chiedeva, quasi fosse un regime stile socialismo reale di adottare una ferrea linea governativa. La pervasività profonda dei social media ha fatto il resto, a discapito anche di sparute frange di giornalisti, sempre più rari.

Parlare oggi di neo autoritarismo a controllo tecnologico appare meno azzardato del solito.

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