e foto scattate all’evento di Colombini erano legittime’: il giudice dà ragione ad Aldo Grandi

Aldo Grandi

Una vittoria del diritto di cronaca a tutti gli effetti, quella andata in onda presso il tribunale di Lucca ad opera del giudice di pace Anna Correggia chiamata a decidere nella causa civile intentata da Salvatore Rizzo di Viareggio assistito dall’avvocato Daniele Saviozzi di Guamo, nei confronti di Aldo Grandi in veste di direttore responsabile della Gazzetta di Lucca difeso dall’avvocato Duilio Cuoci dello studio di Cristiana Francesconi di Viareggio. Un risultato che, finalmente e ancora una volta, riconosce il diritto di un fotoreporter di scattare liberamente in luogo pubblico e l’altrettanto importante dovere di un direttore di pubblicarle.

Ma veniamo ai fatti. Il 25 aprile 2021 lungo le strade cittadine e all’ex campo Balilla si svolse una manifestazione che aveva come principale protagonista Andrea Colombini. Si trattava di un evento di protesta contro le misure liberticide anti Covid. Centinaia le persone presenti e che hanno sfilato. C’è un solo giornale che segue giustamente il tutto ed è la Gazzetta di Lucca con il suo fotografo Ciprian Gheorghita. Le immagini vengono regolarmente pubblicate in due articoli apparsi sul quotidiano on line. Ebbene, Salvatore Rizzo, abitante a Viareggio, nello scorrere le foto, si trova immortalato in tre di esse e decide di rivolgersi all’avvocato Daniele Saviozzi lamentando di aver patito un danno notevole e di chiedere un risarcimento non avendo mai dato il proprio assenso e consenso alla pubblicazione degli scatti.

L’avvocato Saviozzi ha, così, avviato una causa di fronte al giudice di pace chiedendo una somma di 5 mila euro a titolo di risarcimento ad Aldo Grandi nella veste di direttore responsabile della Gazzetta di Lucca, lamentando per il suo cliente la lesione del diritto all’immagine e alla riservatezza, la pubblicazione delle tre immagini violando la legge e che la pubblicazione delle medesime ha arrecato pregiudizio all’onore e alla reputazione di Salvatore Rizzo. Oltre a ciò l’avvocato lucchese chiedeva anche la condanna al pagamento delle spese processuali e professionali, in sostanza l’addebito ad Aldo Grandi del proprio compenso.

Il legale della presunta parte lesa spiegava nel suo atto di citazione che la Gazzetta di Lucca e il suo direttore responsabile avevano pubblicato due articoli – uno in data 25 aprile 2021 intitolato Colombini Mob, il distanziamento che unisce che avrebbe, a suo avviso, riportato due foto sconnesse dall’articolo e l’altro il giorno successivo dal titolo Come eravamo e come sono diventati… che, addirittura, riportava ben otto foto che ritraevano il proprio cliente – a seguito dei quali Salvatore Rizzo aveva patito gravi conseguenze.

Vediamole: l’avvocato Saviozzi sosteneva che a seguito della pubblicazione delle immagini il suo cliente era stato contattato da diverse persone che gli manifestavano il loro disappunto ritenendo che fosse un sostenitore ‘di un noto influencer lucchese’. In più, l’avvocato specificava che la moglie del suo cliente, avendo visto che le immagini contestate ritraevano il marito in compagnia di una donna, esprimeva ‘sentimenti di gelosia e rancore’.  Per questi motivi il legale lamentava la lesione del diritto all’immagine e alla riservatezza e l’assenza del consenso allo scatto e alla pubblicazione delle immagini.

L’avvocato Duilio Cuoci dello studio Francesconi ribatteva definendo infondata la domanda di risarcimento poiché le foto scattate erano a tutti gli effetti legittime in quanto raffiguranti un evento pubblico dipanatosi lungo le strade di Lucca fino ad uno dei campi che costeggiano le mura dove il corteo si era radunato per un comizio e dove anche l’attore, insieme ad altre persone, era presente. Inoltre secondo Cuoci gli scatti che ritraevano Salvatore Rizzo non presentavano alcunché di lesivo, indecoroso o disonorevole della sua reputazione.

Ascoltate le motivazioni delle parti, il giudice di pace Anna Correggia ha così motivato la sua decisione:

La domanda attrice non è fondata e dunque non è meritevole di accoglimento. Vero è che così come risulta dalla documentazione fotografica prodotta agli atti di causa che sulla pagina web del quotidiano on line della Gazzetta di Lucca venivano pubblicate delle foto che ritraevano l’attore ma tale pubblicazione è consentita ai sensi dell’art. 97 comma 1 della legge 633/1941 che prevede che non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine, come nel caso in esame, è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Vi è che il giornale di cui il convenuto è direttore, ha documentato, così peraltro come si evince chiaramente da tutte le fotografie prodotte, un evento pubblico che si svolgeva nella città di Lucca con tanto di corteo e comizio.

Sussiste dunque un interesse pubblico che legittima e autorizza la pubblicazione della notizia e delle immagini riferite all’evento ed infatti l’attore non è ritratto da solo, ma nel contesto della manifestazione. Vi è dunque la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca tanto più ove si consideri che le immagini che ritraggono l’attore non determimano la lesione di beni rilevanti come la reputazione e l’onore, così come dispone il II comma dell’art. 97 della legge 633/1941 che recita che il ritratto non può, tuttavia, dunque come deroga al primo comma, essere esposto o messo in commercio quando l’esposizione rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritrattata.

E’ necessario in simili casi procedere sempre ad un bilanciamento tra l’interesse individuale alla tutela di diritti della personalità e quello costituzionalmente protetto alla libera manifestazione del pensiero, analizzando il contesto in cui le immagini sono state pubblicate e l’evento da cui traggono origine. Le immagini di cui si duole l’attore si riferiscono a un luogo pubblico e l’attore è stato fotografato accidentalmente non essendo lui l’oggetto della foto ma l’evento pubblico e il corteo che veniva seguito dai cronisti e documentato nelle sue varie fasi nelle strade del centro cittadino. Per le ragioni sopra esposte la domanda attrice è rigettata. Le spese legali seguono la soccombenza.

Salvatore Rizzo è stato condannato al pagamento a favore dello studio legale Cristiana Francesconi delle spese legali per 700 euro quale compenso professionale.

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