Terremotato fa domanda di aiuti: non li riceve e finisce processato. Assolto dopo 6 anni

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di Antonio Amorosi – “Non è giusto quello che è successo. Le notti insonni che ho passato, le preoccupazioni”, racconta ad Affaritaliani.it l’imprenditore agricolo modenese Paolo Stevanin. “Ho letto del caso di cui avete scritto giorni fa, dove la Regione non si è costituita parte civile… invece con me… così vi ho chiamato”.

La costituzione di parte civile interrompe la prescrizione del diritto al risarcimento del danno fino al passaggio in giudicato della sentenza.

Scende dal trattore prima di parlarci, Stevanin. Gli scambi telefonici con lui sono spesso così. Dal tono della voce si può facilmente comprendere non solo il patimento per il processo ma quasi un senso di offesa alla sua onorabilità.

“Sono una persona onesta. Ma mi sono sentito impotente, ad avere la Regione Emilia-Romagna contro, con tutto il suo staff, con un avvocato e delle volte anche 2, per ogni udienza. Io avevo fatto una semplice domanda, non è che volevo i contributi a tutti i costi. Di solito, nel nostro ambiente agricolo, quando si fanno le domande si ottiene una risposta. Al massimo non viene accettata. Io invece sono finito in un processo, durato 6 anni. Ed era tutto chiaro fin dall’inizio. Non è giusto!”.

Nel 2012 il terremoto colpisce duramente la bassa modenese. Lui, tramite un tecnico fa domanda per un suo podere a Novi di Modena, nella Bassa modenese, ma non riceve il finanziamento richiesto. Pensa sia finita lì. Viene invece accusato di tentata truffa ai danni dello Stato, indebiti finanziamenti, in concorso con il proprio tecnico che lo aveva assistito e al quale era stato contestato il falso di una perizia. Tutta la vicenda gira intorno a delle carte che Stevanin dice di aver esibito immediatamente, carte relative al tetto del podere oggetto della domanda. Stevavin fa presente al tecnico che una parte del tetto era già crollata prima del sisma. L’agricoltore pretende venga scritto nel contratto. Il tecnico ritiene il precedente ininfluente e fa domanda. Questa però viene rigettata dalla Regione Emilia Romagna. A quel punto l’Ente pubblico fa degli accertamenti e trova che il crollo parziale del podere c’era stato precedentemente al terremoto. Quindi fa un provvedimento di rigetto, mandando gli atti alla Procura della Repubblica, ritenendo sussistente il reato di tentata truffa ai danni dello Stato. Da qui, nel 2015, nasce il procedimento penale. La Regione si costituisce parte civile.

Non ha fatto lo stesso, come ricordava Stevanin stesso all’inizio della telefonata, per fondi pubblici erogati impropriamente ad un imprenditore e ad una serie di società che Panorama e Affaritaliani.it hanno seguito fin dall’inizio. Nell’inchiesta giornalistica si dimostrava palesemente quanto i fondi fossero stati erogati impropriamente: il cosiddetto “caso Bernardi”. Ma in quella situazione né il Comune di Bologna, coinvolto, né la Regione Emilia Romagna hanno ritenuto di costituirsi parte civile, bloccando i tempi della prescrizione. Il processo penale è finito allegramente in prescrizione a inizio 2021 anche se le accuse dei pm erano gravissime.

“Vedremo le motivazioni del giudice“, spiega l’avvocato Enrico Luppi, legale di Stevanin tornando sul caso, “ma immagino siano molto semplici. C’era un contratto con il conferimento dell’incarico, dove Stevanin aveva chiaramente preteso dal tecnico che venisse indicata la problematica dell’edificio ed aveva insistito che venisse inserita. Questo è uno degli elementi che ci hanno salvato”.

Chiediamo a Stevanin. Questi 6 anni hanno portato delle novità nel processo?

“Nelle carte era già scritto tutto chiaro fin dall’inizio. Non mi spiego i 6 anni. Non mi aspettavo un calvario così. Che danno ho arrecato alla Regione non ricevendo neanche un soldo? Forse con il pensiero?”, risponde l’agricoltore. “Eravamo vicini alla prescrizione e ho chiesto di non volerla. Ho detto al mio avvocato ‘voglio andare avanti anche altri 5 anni, non mi interessa quanto dura, quanto costa’. Non è che 6 anni hanno portato delle novità, oltre a farmi spendere qualche migliaio di euro in più. Stiamo valutando con l’avvocato Luppi di chiedere i danni morali perché questa tortura non ha senso. Oltre alle spese legali ci sono anche notti in bianco, tensioni e nervosismo in famiglia”.

Intanto il tecnico che ha presentato domanda è stato condannato in un altro procedimento. Pende sul caso un ricorso in Cassazione.  https://www.affaritaliani.it

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