Un giudice come Dio comanda

falcone e borsellino

di Silvana De Mari – In memoria di Rosario Livatino primo giudice beatificato è stato scritto un bel libro da Alfredo Mantovano, Domenico Airoma e Mauro Ronco: Un giudice come Dio comanda. Il giovanissimo giudice è stato assassinato a Caltanissetta il 21 settembre del 1990. Aveva 38 anni. Gli assassini appartenevano alla “stidda” di Agrigento.

Il libro è un libro prezioso come tutti i libri che ridanno coraggio, perché non è possibile avere coraggio senza un barlume di fede, fede nella giustizia, fede nell’onestà dell’uomo, fede nella santità del sacrificio. È un libro che parla di Dio, perché il Giudice Livatino credeva profondamente in Dio, perché la base della giustizia umana è il timor di Dio. In una società che ha abolito il timor di Dio e ridotto Dio a buonismo e zucchero filato la giustizia si è sfilacciata, come un vecchio scialle mangiato dalle tarme.

La sua beatificazione arriva in un momento cruciale, in un momento di grandissima perdita di coerenza da parte della magistratura italiana. È fondamentale per noi sapere che ci sono stati, quindi possono sempre esserci, giudici onesti, che veramente si sono battuti per il popolo. Nel libro si pone una domanda terribile: che cosa ha in comune il giovane giudice assassinato con le due straordinarie figure di magistrati di Palermo, Falcone Borsellino?

Cosa hanno in comune i tre giudici? Sono stati ammazzati. Sono stati ammazzati insieme alle scorte. Questa è una dimostrazione tragica del fatto che, con i mezzi che ha la mafia, non c’è scorta che tenga. I giudici che veramente hanno combattuto la mafia sono stati ammazzati e le scorte non sono state sufficienti a salvare le loro vite, ma hanno solo sacrificato la loro.

A questo punto è ignobile oppure lecito farsi una domanda: i giudici cui nessuno ha mai torto un capello, avevano scorte più agguerrite oppure hanno combattuto la mafia in maniera superficiale ed episodica, non hanno mai cercato di colpirla al cuore, limitandosi a volte a fare processi di tipo politico dove si è usata la mafia per screditare gli avversari? Secondo punto in comune: nessuno dei tre giudici era di sinistra. Essere di sinistra o non essere di sinistra è importante per un giudice dell’antimafia? Dopo la morte di Falcone potrebbe esserlo.

Come tutti gli anni ho ascoltato i fiumi di retorica che si sono riversati sulla morte del giudice Falcone, di sua moglie e della sua scorta, avvenuta il 23 maggio 1992 in maniera particolarmente violenta, un’esplosione che ha addirittura distrutto mezza collina. Fiumi di retorica sempre più vuota sono stati vomitati su quell’episodio atroce, con le parole giustizia legalità che rimbalzano e rotolano dolci e tonde come palle di zucchero filato senza che nessuno ponga la domanda: qual era l’entità di inaudita potenza che voleva la morte di Falcone e perché? Molti di quelli che piagnucolavano alla sua commemorazione sono fisicamente gli stessi che in vita lo hanno aggredito, che in vita lo hanno isolato, e che quindi in un certo senso lo hanno consegnato ai suoi assassini, rassicurandoli. Le indagini di Falcone sarebbero morte con lui. Nessuno le avrebbe continuate.

Di nuovo nessuno ha pronunciato un nome e questo nome è Valentin Stepankov, procuratore di Mosca, che Giovanni Falcone avrebbe dovuto incontrare il 6 giugno seguente, con un volo ovviamente già prenotato, 13 giorni dopo, dove il suo posto invece è rimasto vuoto. Valentin Stepankov stava conducendo l’indagine sul denaro che per decenni, mentre il popolo sovietico faceva una coda di ore per comprare le patate, è stato regalato dal partito comunista sovietico al partito comunista italiano. Il partito comunista italiano cioè prendeva fiume di quattrini da una nazione straniera che aveva missili nucleari puntati su di noi. Il partito comunista italiano in tutte le sue azioni faceva gli interessi dell’Italia o dell’Unione Sovietica? La regola fissa nell’umanità è che la gente faccia gli interessi dei propri clienti, di coloro che tirano fuori i quattrini

La storia è raccontata in un libro Oro da Mosca. I finanziamenti sovietici al PCI dalla Rivoluzione d’ottobre al crollo dell’URSS. Con 240 documenti inediti degli archivi moscoviti, 1999, di Valerio Riva e Francesco Bigazzi, reperibile su Amazon per 42 euro, che onestamente è un po’ caro.

Il libro si racconta che da Mosca al partito comunista italiano e arrivato un fiume di denaro. A questo punto sorge la domanda: chi ha riconvertito quell’ oro in lire? Per avere la risposta alla modica somma di 10 euro e qualcosa l’e-book, e 18 e qualcosa il libro cartaceo, potete invece acquistare l’imperdibile “Attacco al potere comunista – gli intrighi, le collusioni, gli omicidi di mafia utili alla sinistra, di Gaetano Immé

Si trattò di un vero proprio fiume di denaro: Il procuratore di Mosca Stepankov aveva appurato che “il tesoro d Mosca era stato fatto affluire nella disponibilità del PCI attraverso canali finanziari già usati per il trasferimento di ‘aiuti ai partiti fratelli”.

In quale poteva essere l’unica struttura in grado di trasformare il fiume di denaro pagato in dollari in lire? Il fiume di denaro che ha sempre sostenuto il partito delle botteghe oscure, non nel senso che era il nome della via, ma nel senso letterale di traffici poco chiari era ottenuto vendendo panini e suonando pianole ai festival dell’Unità?

Secondo i tre magistrati, Falcone, Borsellino e Stepankov la struttura fu la mafia.

Fu avviata un’inchiesta da parte di Falcone Borsellino con la collaborazione del generale Mario Mori e del raggruppamento operativo speciale dei carabinieri (ROS), inchiesta che riguardava i due partiti comunisti, sovietico e italiano, il mondo delle cooperative rosse, meno idillico e carino di quanto può sembrare, e la mafia.

Questo incredibile fiume di denaro sarebbe stato anche una causa della corruzione degli altri partiti italiani: per cercare di tener testa in una partita dove uno dei giocatori giocava sporco sono dovuti ricorrere a finanziamenti ripartiti leciti e illeciti e come sempre succede una quota sempre più alta di quel denaro è rimasta attaccata loro tasche.

Immè descrive molto bene il linciaggio morale cui fu sottoposto il giudice Falcone, spiega come dopo l’assassinio dei due magistrati di coloro che li accompagnavano i fascicoli sono stati archiviati: l’inchiesta è scomparsa. Falcone è morto, insieme alla sua sposa e alla sua scorta. Borsellino è morto insieme alla sua scorta. Il generale Mori non è stato ucciso ma è stato squalificato con un bizzarro processo.

L’inchiesta è scomparsa ed è scomparso anche il nome di Stepankov, che nei fiumi di ripugnante dolciastra retorica che hanno commemorato Falcone nessuno ha nominato.

Comprate il libro su Livatino, per riprendere coraggio e fede nella magistratura. Comprate il libro di Immè, fintanto che esiste ancora, compratelo in cartaceo perché a volte l’ebook possono farvelo sparire, compratelo perché ci sono nomi e cognomi, compratelo per ricordare quella terribile esplosione.

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