COVID-19 e RISERVA di LEGGE: dov’è il Presidente della Repubblica?

La Costituzione repubblicana vigente, com’é noto, non norma lo stato di emergenza a differenza di altri Testi costituzionali (Spagna, Francia, Ungheria, Federazione Russa). Si tratta di una scelta voluta dall’Assemblea Costituente per la paura di derive autoritarie visto il precedente dell’art. 48 della Costituzione di Weimar del 1919. In assenza di una costituzionalizzazione (auspicata giustamente da una parte autorevole della dottrina costituzionalistica italiana), la sua disciplina é oggi rinvenibile nel d.lgs. n. 1/2018 (Codice della Protezione Civile) ed in particolare nell’art. 24 che ne affida la dichiarazione di rilievo nazionale ad una deliberazione del Consiglio dei Ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, senza alcun controllo preventivo di legittimitá (art. 24, comma 5). Il Parlamento é, dunque, completamente escluso e questo pone alcuni dubbi di costituzionalitá della disposizione normativa proprio in ragione della nostra forma di Governo di tipo parlamentare ove il ruolo delle due Camere, titolari della funzione legislativa e di controllo sull’operato dell’Esecutivo, risulta centrale.

Alla luce di questo aspetto, laddove il Governo della Repubblica intervenga per limitare alcuni diritti costituzionalmente tutelati bilanciandoli con la dimensione collettiva del diritto alla salute (art. 32, comma 1, Cost.), il rispetto delle garanzie che la Costituzione pone a presidio di quei diritti si pone come imprescindibile. Tra queste vi é l’istituto della riserva di legge. Ora, senza voler aderire ad un’interpretazione restrittiva, secondo la quale allorché si vada ad incidere su diritti previsti dal Testo costituzionale vi sarebbe sempre una riserva formale (solo la legge ordinaria dello Stato e non altre fonti), si deve, tuttavia, ricordare che, quando la Costituzione del 1948 rinvia alla legge per le limitazioni, si é comunque in presenza di una riserva assoluta la quale esclude l’intervento di fonti secondarie di produzione del diritto (regolamenti governativi, ministeriali, DPCM etc…) salvo che queste non assumano un carattere meramente e strettamente esecutivo. Pertanto, se da un lato la riserva puó essere soddisfatta anche da atti normativi aventi forza di legge, quali il decreto-legge o il decreto legislativo delegato, dall’altro queste fonti-atto non possono solo delineare un quadro normativo generale e per di piú “elastico” (come fa il decreto-legge n. 19/2020 convertito, con modificazioni, nella legge formale n. 35/2020) che viene ampliato, integrato e implementato da atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi quali sono i noti DPCM, dal momento che, in questo modo, si pongono ben oltre la stretta esecutivitá della fonte primaria.

Al fine, dunque, di evitare alterazioni dell’equilibrio dei poteri, nonché effetti potenzialmente irreversibili incidenti sui diritti costituzionali, il controllo sui decreti-legge, da parte del Presidente della Repubblica, dovrebbe risultare molto piú stringente di quanto avviene in occasione della promulgazione di una legge ordinaria, pervenendo oltre la “mancanza evidente o erronea valutazione” (cfr. la storica sentenza n. 29/1995 Corte cost.) dei presupposti giustificativi di straordinarietá, urgenza e necessitá dei provvedimenti provvisori aventi forza di legge, soprattutto al fine di preservare le prerogative del Parlamento. Questo, é bene non dimenticarlo, non interviene in alcun modo nella formazione dei DPCM, fatto salvo l’obbligo di informativa (c.d. emendamento Ceccanti) in merito al loro contenuto ad opera del Presidente del Consiglio dei Ministri o di un Ministro da lui delegato. Obbligo che comporta per le Camere la possibilitá di esprimersi con risoluzioni, ossia atti di indirizzo politico (peraltro a DPCM giá in vigore), ma giuridicamente non vincolanti.

Alla luce di queste brevi considerazioni é da chiedersi dove sia finito il ruolo di garanzia del Capo dello Stato.

Prof. Avv. Augusto Sinagra (Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Universitá “La Sapienza” di Roma. Avvocato del Foro di Roma)

Prof. Daniele Trabucco (Associato di Diritto Costituzionale italiano e Comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera) – Centro Studi Superiore INDEF. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico).

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