“Salvateci dalla comunità, questa è una galera”, la lettera di due sorelle

Riceviamo e pubblichiamo

Siamo due sorelle di nome E. e M. B., di 15 e 13 anni e abitiamo a… in Piemonte. Quando nel 2016 i nostri genitori si sono separati abbiamo iniziato ad andare sia da nostra madre sia da nostro padre. Poi però nostro padre ha iniziato ad avere degli atteggiamenti violenti con noi come aveva sempre avuto con mamma. Quando nostro padre ha provocato un trauma cranico a me, M., mia madre lo ha denunciato ma non siamo mai state ascoltate, se non da un ispettore di polizia che è venuto a scuola. Dal quel momento abbiamo deciso che non saremo più andate da lui. Così a inizio 2018 l’assistente sociale F. e la C. ci hanno obbligato a fare dei progetti con gli educatori e durante questo progetto nostro padre ha aggredito mamma davanti a noi che è finita in ospedale ma il progetto è andato avanti come se nulla fosse. Questi progetti si sono dimostrati inutili, fino a quando nel 2018 abbiamo iniziato la CTU. In quel periodo eravamo ricattate dalla CTU, dottoressa S., che ci diceva che se non fossimo andate da nostro padre saremmo finite in comunità, a quel punto per paura abbiamo accettato di vedere nostro padre nei weekend tutto l’anno, fino alle vacanze. All’arrivo delle vacanze siamo state nuovamente ricattate dalla S. Se non avessimo accettato di andare in vacanza con nostro padre saremmo finite in comunità. Nuovamente abbiamo ceduto a questo ricatto. Con l’aiuto di nostra madre siamo riuscite ad accettare di sopportare la vacanza.

La vacanza è andata malissimo e io, M., ne sono uscita addirittura con lividi. Sono stati 15 giorni d’inferno, di urla e maltrattamenti. In questi 15 giorni abbiamo contattato sia la CTU S. sia la CTP di papà M., mandando messaggi in cui imploravamo aiuto. Come al solito nessuna risposta, siamo state abbandonate. Al ritorno della vacanza noi volevamo parlare con la dottoressa S. ma lei si è rifiutata di ascoltarci. Mamma, al ritorno delle vacanze, quando ha visto i lividi che avevo io, M., ha fatto un’altra denuncia. A novembre 2019 la dottoressa S. ha voluto che mamma facesse passare da casa papà, quando lui si è sentito dire che noi non avremmo avuto nessuna intenzione di vederlo nostro padre ha aggredito mamma. Io, E., ho chiamato aiuto per salvare mamma. Mamma di nuovo in ospedale.

A Gennaio abbiamo scoperto dall’assistente sociale C. che, per decisione presa dalla CTU S., saremmo andate da nostra zia come “luogo neutro”, in affidamento, per sei mesi. Questo doveva servire per l’ennesima volta a riavvicinarci a nostro padre. Il progetto non è riuscito, a causa del fatto che nostra zia non solo non era un luogo neutro ma addirittura si arrabbiava con noi quando non volevamo andare da nostro padre, costringendoci a parlare con lui di argomenti che per noi sono molto difficili, per esempio la sua violenza, che anche l’assistente sociale aveva detto di evitare. Adesso lei ha detto che non ci vuole più tenere e così tra pochi giorni finiremo in comunità, separate e tolte alla nostra famiglia senza motivo.

Vogliamo inoltre fare presente che noi abbiamo dei nonni che ci possono tenere, che hanno una grande casa in montagna lontano dalla pandemia. E invece siamo rinchiuse in una comunità dalla quale tra l’altro per via del COVID19 non possiamo nemmeno uscire per vedere i nostri genitori. Allora scusate a cosa serve mandarci in comunità per farci riavvicinare a nostro padre se non possiamo nemmeno vederlo?

Ma invece di imporci un padre violento e bugiardo a tutti i costi non è meglio lasciarci alla parte di famiglia sana cha abbiamo, curarlo e poi un domani vedere: se è cambiato e cosa si può fare?

Dove è il nostro diritto di bambini di avere una vita normale con nostra madre e i nostri parenti?

Dove è la nostra protezione?

Dove è la protezione di nostra madre?

Dopo 4 anni d’inferno siamo arrivate a pensare che era meglio che mamma non trovava il coraggio di denunciare papà per proteggerci, almeno saremmo rimaste insieme e non separate come sta accadendo.

Abbiamo cercato su internet molte persone alle quali mandare questa mail, per mandarvi un grido di aiuto!

Adesso potete ignorarci e mettere nel cestino queste parole, oppure potete aiutarci e lottare contro questa ingiustizia che stiamo vivendo. Subiamo questa ingiustizia proprio perché molte persone: assistenti sociali, educatori, CTU, CTP e giudici hanno fatto male il loro lavoro o se ne sono fregati o come la S. non sono intervenuti per ascoltarci veramente e proteggerci, quando era solo il loro dovere!!!

Tra 2 giorni saremo in comunità e forse li senza pc e telefoni e non più potremo chiedere aiuto.

Vi preghiamo con tutto il cuore di non abbandonarci anche voi, vi prego aiutateci.

Mentre scrivo, io E., ormai siamo già nella prima comunità, quella della quarantena per 15 giorni, in più fino a quando non faranno il tampone, non ci è permesso uscire mai dalla nostra camera e pare che fino a metà della prossima settimana non ce lo faranno. Neanche una televisione o qualcuno con cui parlare, chiuse e basta, il cibo è da galera (riso bianco e fetta di prosciutto cotto puzzolente), ma in fondo questa è una galera, solo che noi non abbiamo fatto nulla e manco il giudice ci ha voluto sentire.

Insomma qualcuno ci aiuti questa è una ingiustizia

E. e M. (lettera firmata – non pubblichiamo i nomi per esteso al fine di proteggere le due minorenni)

SOSTIENI IMOLAOGGI
il sito di informazione libera diretto da Armando Manocchia

IBAN: IT59R0538721000000003468037 BIC BPMOIT22XXX
Postepay 5333 1711 3273 2534
Codice Fiscale: MNCRND56A30F717K