Bengalesi in Italia con falsi attestati di negatività al test Covid

Coronavirus, scoperto traffico di certificati falsi in Bangladesh: il proprietario di un ospedale privato di Dacca consegnava attestati di negatività al test Covid-19 fasulli così da permettere ai bengalese di lasciare lo stato asiatico. Così i positivi potevano tranquillamente imbarcarsi sui voli diretti in tutto il mondo, specialmente per Roma e l’Italia.

Sarebbe infatti questo traffico di certificati, oltre 6000 quelli falsi rilasciati, alla base dell’impennata di casi positivi rientrati nella Capitale dal Bangladesh che ha costretto il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha bloccare i voli con il paese ad ovest dell’India. Solo nella giornata di martedì, la Regione Lazio ha comunicato la positività di altri 14 bengalesi, tutti nell’Asl Roma 2 e con un link riconducibile ad un volo proveniente da Dacca: ad oggi sono state tracciate e poste in isolamento 184 persone positive appartenenti alla comunità bengalese romana su oltre 6000 tamponi effettuati.

Il Bangladesh ha confermato sinora più di 190mila casi di Coronavirus, con oltre 2.400 morti dal primo caso segnalato l’8 marzo.

Le indagini in Bangladesh: arrestato il proprietario di un ospedale privato

A capo di questo giro di certificati falsi ci sarebbe, secondo quanto riporta la Bbc, Mohammad Shahed, proprietario del Regent Hospital di Dacca. Il medico è stato fermato dalla polizia del Bangladesh nel distretto di Satkhira, mentre cercava di fuggire in India indossando un burqa. Per le autorità, era in fuga da quando il 7 luglio era stato chiuso il suo ospedale.

Nove persone dello staff del medico erano già finite in manette dopo un’indagine da cui erano emersi almeno 6mila certificati contraffatti, e alla struttura stata revocata l’autorizzazione a effettuare i test dopo la scoperta di referti con falsi positivi e falsi negativi.

Questo non è stato il primo arresto di questo genere: già domenica scorsa era stata arrestata una dottoressa di un altro ospedale, accusata anche lei di essere coinvolta nel rilascio di certificati Covid-19 fasulli in un’altra struttura privata di Dacca.

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