Scandalo Vaticano, Chaouqui: “La lobby finanziaria è disposta ad uccidere”

(adnkronos) “È assurdo indagare mons. Perlasca e non il suo dante causa all’epoca dei fatti, quando si decise di investire nel Palazzo di Londra”: lui, che è stato per diverso tempo il responsabile degli investimenti della Segreteria di Stato vaticana, “non aveva potere di muovere un centesimo senza la firma del suo capo. Quest’ultimo, insieme a monsignor Perlasca, gestiva i soldi dell’Obolo di San Pietro in piena autonomia. Decideva ‘quanto’ e ‘dove’ allocare i fondi senza rendere conto a nessuno e se non poteva in autonomia, faceva in modo che l’investimento fosse autonomo”.

A dirlo all’Adnkronos è la protagonista dello scandalo Vatileaks II Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Commissione pontificia sulle Finanze Vaticane (Cosea), parlando in merito all’inchiesta sul palazzo di Londra. Chaouqui è stata sentita dalla gendarmeria vaticana come persona informata sui fatti all’inizio dell’inchiesta. “E’ stata una lunga deposizione”, ha confermato il suo avvocato Alessandro Sammarco.

Il sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, Edgar Pena Parra “ha trovato una situazione surreale. Ha fatto di tutto per la trasparenza così come il cardinale Parolin”, ha subito precisato la Chaouqui. “Mi fa piacere, nonostante siano passati anni, che l’attività di trasparenza intrapresa da Cosea stia portando avanti i suoi frutti. Lo dico perché la prima ‘opacità’ – uso il termine utilizzato da mons. Parolin – della gestione dell’Obolo è stata denunciata da Cosea. Per questo i membri – io ricordo ero l’unica italiana della Commissione – l’abbiamo pagata cara“, spiega l’ex componente della Commissione Cosea sulle finanze vaticane.

“Auspico che ora venga fatta luce, soprattutto sulle responsabilità dei sacerdoti che in quel momento hanno ritenuto di utilizzare i fondi dell’Obolo come fossero le casse di casa loro. La lobby finanziaria è disposta ad uccidere“, dice la Chaouqui spiegando che esisterebbe una cupola gestita da clero e laici dietro le (presunte) ruberie. “Conservo le prove, coperte da segreto pontificio, che non ho violato nemmeno per difendermi quando la cupola ha deciso di farmi arrestare”.

“Arrivarono addirittura a istituire un processo mediatico, indebolendo così l’immagine delle persone all’interno della Commissione quando si stava per giungere al nocciolo della questione. Papa Francesco, dal canto suo, pur consentendo il processo, allo stesso tempo ha dato l’opportunità di continuare a indagare”, aggiunge l’ex collaboratrice laica del Vaticano.

“Ho impresse alcune parole di mons. Perlasca quando mi arrestarono incinta e stetti male”, riferisce Chaouqui ricordando gli anni dello scandalo Vatileaks II. “Papa Francesco non si è fermato ed è andato avanti. Io ho sofferto e ho visto la mia vita sgretolarsi durante Vatileaks. Ma se questo è servito a contribuire al risultato di oggi, allora posso dire che ne è valsa la pena. Io sarò sempre in prima linea, perché la chiesa è di chi la ama. Non di chi ruba”.

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