La speronatrice di finanzieri: “Salvare vite non è reato”

Non ha certo perso tempo Carola Rackete nell’esprimere ufficialmente la propria soddisfazione per la sentenza con la quale, nelle scorse ore, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso contro la scarcerazione della capitana della Sea Watch 3, la nave dell’omonima Ong tedesca.

“La corte suprema italiana – ha scritto Carola Rackete sul suo profilo Twitter – Ha confermato che io non dovevo essere arrestata nello scorso mese di giugno per aver salvato vite. È una vittoria importante per tutti gli attivisti del salvataggio in mare”. […]

“Nessuno deve essere perseguitato solo perché ha salvato vite umane – ha proseguito la Rackete su Twitter – La direttiva europea sul “crimine di solidarietà” andrebbe riformata!”

Non solo la tedesca, ma anche la stessa ong Sea Watch ha “rivendicato” la sentenza della Corte di Cassazione: “Carola non doveva essere arrestata – si legge a caratteri cubitali nel post sul canale Twitter della Sea Watch – Il salvataggio in mare non è un crimine”.

Ma sempre nelle scorse ore sono state registrate anche altre dichiarazioni, questa volta di disappunto per l’esito della sentenza della Cassazione: “Per qualche giudice una signorina tedesca che ha rischiato di uccidere cinque Militari Italiani speronando la loro motovedetta non merita la galera – ha commentato il segretario della Lega Matteo Salvini – ma il ministro che ha bloccato sbarchi e traffico di esseri umani sì. Questa non è giustizià, questa è vergogna”. Era stato proprio Salvini, all’epoca ministro dell’interno, a negare l’ingresso della Sea Watch in acque italiane.

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