No al “Governo della restaurazione”: da Roma un grido forte e chiaro

di Barbara Ruggiero — lagazzettadilucca.it

Guardate queste foto, migliaia di cittadini italiani sventolano il tricolore e chiedono ad alta voce di tornare alle urne. Siamo a Roma e già dalle prime ore del mattino, le vie del centro, da piazza Montecitorio a Piazza Venezia, piazza del Popolo, via del Corso e piazza Capranica, è un fiume di persone. Sono italiani senza simboli di appartenenza, che camminano pacificamente dirigendosi verso palazzo Chigi, il luogo dove Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia ha indetto una manifestazione di protesta dalla scritta inequivocabile “ In nome del popolo sovrano, no al diritto alla poltrona”.

Racconta una signora di mezza età: “ Ho lasciato le pratiche aperte nel mio studio legale per essere presente come cittadina italiana alla manifestazione. La parola deve tornare agli elettori, la maggior parte degli italiani esprime un dissenso diffuso contro questo governo”.

Alle 10 l’affluenza popolare si moltiplica rapidamente. Palazzo Montecitorio è blindato, cordoni di polizia hanno chiuso la piazza e tutto il passaggio pedonale delle vie limitrofe. Le strade addossate al palazzo del Parlamento sono sottoposte al controllo dei poliziotti che con i blindati ostruiscono anche il passaggio delle automobili.

Migliaia di bandiere sventolano sotto il palco, tra poco, parleranno Giorgia Meloni e Matteo Salvini, la piazza è strapiena. Anche a Piazza Capranica e piazza del Pantheon sono stati montati dei maxischermi per chi, non potendo arrivare in prossimità del palco, potrà assistere comunque all’evento .

Quello che colpisce maggiormente è la gente che affolla le strade in un lunedì romano abitualmente caotico e trafficato dagli abitanti che vanno a lavorare. Oggi migliaia di italiani, hanno lasciato i loro impegni, per dire al governo, dove nel frattempo Conte sta chiedendo la fiducia alla Camera, che vogliono vivere in un paese sovrano e tornare alle elezioni.

Sotto il palco è impossibile avvicinarsi e i giornalisti, anche di testate straniere sono costrette ad allontanarsi, la calca è insopportabile.

Antonio Maria Rinaldi, economista e neo parlamentare europeo per la Lega, si ferma per una breve intervista.

Cosa ne pensa di tutti questi cittadini, giunti fin qui con le bandiere italiane?

“ Era ora, una grande emozione! Finalmente gli italiani rivendicano i loro diritto di essere Nazione e l’amore per la patria sarà il futuro del nostro paese.”

Cosa è successo a Bruxelles quando si votava per l’elezione del Presidente delle Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen?

“Un casotto, ero presente, un tradimento vergognoso di quelli del Movimento 5 stelle, siamo rimasti sbigottiti per quei nove voti che hanno permesso l’elezione della pupilla della Merkel.”

Cosa ne pensa del nuovo Ministro dell’economia?

Ci guarda, muove le mani velocemente in segno di fastidio e scappa via.

Sul palco si alternano i sindaci di Catania, dell’Aquila, il governatore della Liguria Giovanni Toti, amministratori locali, associazioni studentesche. Sotto il palco la gente cerca di avvicinarsi ma è tutto transennato e nessuno può più arrivare nelle vicinanze di Palazzo Chigi.

La protesta è pacifica, i toni sono tranquilli, solo quando si nomina ”Conte” la gente urla all’unisono “buhh”. Parte più volte l’inno nazionale e tutti con la mano sul cuore cantano a squarciagola.

Ormai la calca ci spinge verso piazza Capranica, assistiamo alla kermesse dal monitor posizionato davanti all’ ex cinema, impossibile restare nell’asfissia della calca sotto il palco. Dopo pochi minuti la gente spinge, corre verso il centro della piazza, l’ex ministro degli Interni è sceso tra la folla, che comincia a urlare impazzita “Matteo, Matteo”. E’ un momento delicato, il rischio di essere schiacciati può compromettere la buona riuscita della manifestazione.

Salvini, tra la gente che lo abbraccia, percorre le due piazze tra Pantheon e Capranica, con tre uomini di scorta sommersi dalla ressa.

La calma torna non appena Salvini sale sul palco. Prima prende il microfono Giorgia Meloni, tra gli applausi generali.

Un discorso breve, di 15 minuti, in cui tocca i temi della sovranità nazionale, dell’informazione spesso lontana dal sentire popolare, del diritto al voto da lei chiesto alle consultazioni del presidente Mattarella, alla voglia di cambiare quello che, dice, “ governi non legittimati hanno impedito per lunghi anni”. “ Quei signori, Letta, Gentiloni, Renzi ora sono lì dentro, con i portoni chiusi a decidere ciò che l’Italia non vuole più” dichiara una Meloni convincente e determinata. Per la leader di fratelli d’Italia è un’ ovazione e un successo politico senza precedenti.

Per ultimo parla Matteo Salvini, tornato indenne sul palco dopo l’incontro con la folla “questa è una vergogna, uscite da quei palazzi “ urla al microfono ” un governo fatto contro la volontà degli italiani, noi presiederemo i porti, i tribunali, andremo all’opposizione e non ci fermeranno”.

Uno scroscio di applausi accompagna i saluti finali: “ Ci vediamo il 19 ottobre a Roma con l’amica Giorgia, uniti per dimostrare che decidiamo noi e il paese è nostro”. la Lega stringe la mano a Fratelli d’Italia, al grido “uniti si vince”.

Sono le 13 la gente defluisce lentamente, la manifestazione è finita. Notai, avvocati, medici, operai, artigiani, casalinghe, l’Italia che vuole votare torna a casa.

Intanto, anche dentro, alla Camera, Conte ha finito il suo discorso durato un’ora e mezzo e sempre interrotto da contestazioni. Un clima ben diverso dal silenzio che lo accompagnò quando, il 20 agosto, in Senato chiuse definitivamente la porta a Salvini. Sono passati appena 20 giorni, ma sembra un’altra epoca. Lo stesso Conte è apparso, agli osservatori più attenti, diverso. Più cupo, accigliato, meno sicuro di sé. Le parole pronunciate “oggi inizia una nuova stagione riformatrice” sono sembrate meno convincenti, un film già visto un annetto fa. Il Conte bis o Conte 2.0, come si preferisce chiamarlo, inizia in salita, con un gradimento appena del 36 per cento degli italiani, mentre il precedente esecutivo poteva contare, all’insediamento, un gradimento del 60 per cento. Ma il parere degli italiani, ormai, si sa, conta pochissimo. Il governo della “restaurazione, delle controriforme”, come da molti è definito, non ascolta la piazza.

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