Riace e la casa per Beppe Fiorello pagata coi soldi per i migranti

L’attore che avrebbe dovuto interpretare il sindaco dell’accoglienza Mimmo Lucano nella fiction (oggi sospesa) Tutto il mondo è paese finisce, a sua insaputa, tra le carte dell’inchiesta “Xenia” che, nell’ottobre del 2018 con l’arresto di Lucano, ha smantellato il “modello Riace”.

L’accoglienza, nel piccolo paese in provincia di Reggio Calabria, non era destinata solo agli immigrati, ma anche agli amici e ai conoscenti dell’ex sindaco Lucano. Tutti potevano dormire e vivere gratis nelle case in uso allo Sparar e inserite nel database della Prefettura di Reggio Calabria. Case che avrebbero dovuto dare accoglienza solo ed esclusivamente ai profughi. Case ristrutturate e immobiliate con i soldi destinati all’accoglienza. Eppure, in quelle case, ha dormito anche Beppe Fiorello, insieme ad altri attori e tecnici. Tutti erano impegnati nelle riprese della fiction e quale migliore soluzione se non dormire a Riace? Casa e bottega, direbbero alcuni. D’altronde, gli hotel in quella zona di Calabria, sono pochi e malmessi. Meglio le case arredate con i soldi dello Stato. E pensare che per quella fiction, mai andata in onda, sono stati stanziati alla Picomedia/Ibla Film Rai Fiction anche dei finanziamenti pubblici. Soldi messi a disposizione dalla Regione Calabria. Soldi che sarebbero serviti per pagare le spese, anche quelle di vitto e alloggio.

Ad inchiodare Lucano ci sono tre intercettazioni datate luglio 2017 e delle testimonianze di cui   Giornale.it  è entrato in possesso (ascolta qui). In particolare, in una intercettazione datata 12 luglio, si scopre che Fiorello era stato accolto nella comoda “Casa Lucia”. Cosimina Ierinò, collaboratrice di Lucano, chiede al sindaco se la casa può essere destinata ad una immigrata con quattro figli, ma Lucano dice di “no” e gli indica un altro alloggio. Quella era destinata all’accoglienza degli ospiti, ma non di colore.

“Casa Lucia” era stata “adeguata alle esigenze di Fiorello”, scrivono gli investigatori. E lo scoprono sempre ascoltando Lucano al telefono. Questa volta parla con Chiara Sasso, una sua fidata amica. In quella occasione dice alla Sasso che nella “Casa Lucia” ha alloggiato Fiorello durante le riprese del film e che tutto era stato fatto per farlo stare bene. Ma quella casa non poteva essere data a Fiorello e agli operatori. A sottolinearlo anche gli investigatori: “Corre l’obbligo di segnalare che la predetta casa, formalmente assegnata ai profughi, era stata illecitamente data al personale addetto al film.

Mimmo Lucano si preoccupava che tutto fosse bello ed ordinato per Beppe Fiorello. Telefonate continue a falegnami, piastrellisti ed elettricisti. Tutto doveva essere pronto in poco tempo. In una intercettazione telefonica Lucano si preoccupa e, chiamando un operaio, dice: “Dove sono le chiavi? Se non mi date le chiavi sono in difficoltà, domani viene gente. Bisogna pulirla, arredarla, mettere le lenzuola…”. Ma l’operaio, che ha fatto i lavori, pensa ad altro. Pensa ai soldi che, essendo stati bloccati dal Viminale non arrivavano. “Come siamo messi riguardo ai soldi? Perché avevamo fatto degli assegni. Volevo sapere se vi erano arrivati i fondi…”. E Lucano, interrompendolo, dice: “Stiamo lottando per far arrivare i fondi dal ministero”.

Il 20 marzo del 2018 gli investigatori, per avere conferma delle intercettazioni, decidono di convocare alcuni testimoni diretti che raccontano di una casa divisa su più piani in cui era stato posato il parquet, messe le piastrelle nuove e dei condizionatori contro il caldo afoso della Calabria. Tutto per volontà di Tonino Capone, braccio destro di Lucano e presidente di Città Futura, la cooperativa che incassava i soldi dello Stato e che le spendeva per arredare le case da destinare agli ospiti.

La casa doveva essere “adeguata”, come diceva Lucano, tanto che, durante i lavori, lo stesso Fiorello era andata a visitarla insieme al sindaco, come sottolineato dalle carte, “in una occasione ricordo di aver incontrato il sindaco unitamente all’attore Fiorello quando sono venuti a vedere i lavori quasi ultimati”. Dichiara l’operaio. E pensare che quei soldi erano destinati ai profughi, ma il sindaco “eroe” preferiva spenderli per altri. Magari per gli amici come Fiorello.

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