In Italia ci sono 40 carceri, costruite, inaugurate e mai utilizzate

carceri9 ott – Li hanno battezzati “carceri fantasma”. Costruiti, inaugurati e mai utilizzati. Aperti e sfruttati solo in parte. Dismessi. Demoliti. Sono tanti, da Nord a Sud. Rappresentano uno spreco di denaro pubblico e di spazio in un Paese dove la maggior parte dei penitenziari sono sovraffollati e i detenuti, insieme con gli agenti che li controllano, vivono in condizioni al limite della sopportabilità.

La “regina” di questo cattivo esempio di amministrazione è la Puglia. Nel Barese c’è Minervino Murge, mai entrata in funzione e mai completata, e Casamassima, che è stata chiusa. A Monopoli, dove gli sfrattati avevano trovato un tetto nelle celle, la prigione è stata dismessa. Poi ci sono le case mandamentali (dove finiscono galeotti con pene brevi o in semilibertà) di Volturara Appula (45 posti previsti, incompiuta e mai utilizzata) e Castelnuovo di Dauna, arredato da 17 anni, mai aperto. Sempre nel Foggiano altri tre casi: Accadia (consegnato nel ’93 e poi passato al Comune), Bovino (struttura da 120 posti chiusa da sempre) e Orsara. Per non parlare di Francavilla Fontana, usato per un pò e poi adibito a sede della polizia municipale, e Spinazzola, che aveva 40 detenuti, ne avrebbe potuti ospitare cento perché due sezioni erano inutilizzate e un paio di anni fa è stato chiuso.

In Calabria non va meglio. Oltre a Mileto, ci sono Cropani, Squillace (ristrutturato e mai aperto) e le mandamentali soppresse di Arena, Soriano Calabro, Petilia Policastro e Cropalati, convertito in legnaia. Sempre calabrese è il supercare di Palmi, che però ha bisogno di una ristrutturazione perché fatiscente. In Sicilia è stato finalmente aperto il carcere di Gela (60 detenuti) ma a Villalba (Caltanissetta) c’è una prigione per 140 persone inaugurata vent’anni orsono che è costata 8 miliardi di lire e non ha mai dischiuso i battenti. Ad Agrigento i lavori di costruzione di un padiglione di quattro piani, che poteva accogliere 300 persone, sono fermi da un anno e mezzo perché l’azienda costruttrice è fallita: lo Stato non pagava.

Saliamo in Campania. Gragnano è stato dismesso per un problema geologico. Dismissione anche per Frigento. Morcone, vicino Benevento, è pronto ma non apre. In Abruzzo il carcere di San Valentino è stato trasformato dal Comune in una struttura di accoglienza per turisti. Eccoci in Toscana, dove a Pescia il ministero ha soppresso la casa mandamentale. Il Barcaglione di Ancona, nelle Marche, di posti ne ha 180. Ma i detenuti sono 100 perché non è stato ancora “potenziato”.

Salendo ancora di più arriviano a Udine, dove da anni è stata eliminata la sezione femminile. E a Gorizia, dove è inagibile un intero piano della prigione. A Pisa i lavori del nuovo padiglione in costruzione sono bloccati: la ditta è in amministrazione controllata. In Umbria il centro clinico di Capanne è inutilizzato e, a Terni, non c’è personale di polizia per attivare un padiglione da 300 posti pronto da aprile. A Pinerolo, in Piemonte, carcere chiuso da 16 anni. In Emilia Romagna gli esempi non mancano: nel Ferrarese c’è Codigoro, che è chiuso.

Al Dozza di Bologna era stato espropriato un terreno vicino al penitenziario per costruire un centro sportivo a disposizione degli agenti della penitenziaria. L’area è stata recintata ed è stato fatto lo spogliatoio. Poi i lavori si sono fermati e ora lo spazio è diventato rifugio di sbandati e senzatetto. Il tutto è costato tre milioni e mezzo di euro. A Forlì sono state gettate le fondamenta per una prigione da 400 posti. L’opera doveva essere finita due anni fa, poi la ditta edile è fallita e nel sottosuolo sono stati trovati reperti archeologici. Quindi tutto fermo, in attesa di una nuova gara d’appalto.

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