Venezia 70: Sacro GRA, la Roma sconosciuta di Gianfranco Rosi

La delegazione (con Gianfranco Rosi) al photocall del film Sacro GRA
La delegazione (con Gianfranco Rosi) al photocall del film Sacro GRA

Un film «nato dall’istinto di perdermi, di uscire all’uscita sbagliata» e «senza sceneggiatura, senza neppure un soggetto, (che) si è scritto con il tempo e poi si è strutturato nei sette mesi finali di montaggio».
Così Gianfranco Rosi descrive Sacro GRA, il terzo film italiano in Concorso alla Mostra internazionale di Arte cinematografica di Venezia, nonché il primo documentario del nostro paese ammesso alla competizione.

Nel corso dei sei mesi prima dell’inizio delle riprese, Rosi ha percorso avanti e indietro il Grande Raccordo Anulare di Roma, alla ricerca di panorami e di persone che potessero raccontare quei 68 chilometri dell’anello autostradale che circonda la capitale.
Prima di lui, nel 2010, lo aveva fatto l’urbanista e paesaggista Nicolò Bassetti, percorrendo più di 300 chilometri a piedi. Ed è stato lui a trasmettere questa “ispirazione” a Rosi, per aggiungere un tassello ad un progetto che vuole promuovere il recupero ed il rilancio funzionale delle aree dismesse della città, e che si concretizzerà anche nella pubblicazione di un libro.

Un luogo, il Gra, che apparentemente non sembrerebbe avere alcuna identità propria. Una semplice “cornice”, che racchiude una parte di Roma, e la divide dalla periferia.
Eppure, Rosi è riuscito a trovare una chiave per mostrarcelo: quella di sette storie di suoi abitanti, diventati personaggi grazie ad una graduale frequentazione con il regista, ad una illuminazione, o semplicemente ad una fortunata casualità.
Ci sono l’attore di fotoromanzi alla ricerca ostinata del successo, il barelliere di un’ambulanza del 118 impegnato nei turni di notte, il botanico in guerra con il punteruolo rosso che ha preso casa in un’oasi di palme, il nobile decaduto che vive in un monolocale nell’attesa che gli venga assegnato un alloggio popolare, il pescatore di anguille che vive su una zattera all’ombra di un cavalcavia, il principe Filippo sosia di Robert De Niro, e due prostitute annoiate.

Il “loro” Gra è un universo senza una forma precisa, non facilmente decifrabile, affollato (anche) di contraddizioni e di assurdità, e di cui Rosi non manca di portare alla luce anche il lato più stravagante.
Nelle vicinanze del Gra la dimensione della città evapora completamente, lasciando spazio ad un mondo sospeso, sotto alcuni aspetti quasi segreto e fantastico.
Una periferia, però, popolata da persone autentiche. Ma di cui il centro non si preoccupa.

 

Luca Balduzzi

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