Immigrati, la Svezia brucia: crolla il modello svedese accogliente, pacifico ed egualitario

 

26 magg – Vetture sono state date alle fiamme nella notte fra sabato e domenica nelle periferie povere di Stoccolma e poliziotti sono stati presi a sassate da giovani immigrati. “Ci sono alcuni veicoli bruciati in diversi punti della capitale, ma non così tanti come nei giorni precedenti”, ha dichiarato il portavoce della polizia, Lars Bystroem, alla radio svedese. E’ la settima notte consecutiva di disordini a Stoccolma. Tuttavia non ci sono stati scontri fuori dalla capitale.

Gli scontri in Svezia proseguono da una settimana mentre le forze dell’ordine chiedono rinforzi e il governo moderato di Fredrik Reinfeldt appare impotente a frenare le rivolte delle periferie povere e anzi sembra minimizzarne la portata. Il ministro dell’integrazione Erik Ullenhag ha detto che la stampa internazionale ha preso un abbaglio descrivendo i disordini di Stoccolma come causati da giovani arrabbiati: “Non si tratta di giovani delle periferie che protestano contro la societa”,ha dichiarato, dimenticando di dire allora chi siano i veri protagonisti di questo aspro maggio svedese.

Lo stesso primo ministro Reinfeldt, se si esclude un suo intervento all’indomani della prima notte di scontri, non ha rilasciato dichiarazioni importanti, limitandosi ad invitare tutti a compiere uno sforzo di pacificazione e tacciando gli autori degli scontri di “vandalismo”. Eppure Stati Uniti e Gran Bretagna hanno lanciato avvertimenti ai propri concittadini nella capitale svedese, perché moltiplichino i comportamenti prudenti ed evitino tutte le zone interessate dagli scontri.

Ieri sono state prese d’assalto anche tre scuole, tra cui una materna Montessori a Kista. E ancora auto bruciate, un centro commerciale gravemente danneggiato a Jordbro, sassaioli contro agenti e pompieri.

“La gente è furiosa” ha raccontato un fotografo dell’Afp, mentre un padre si è detto “arrabbiato e frustrato” di fronte all’incendio della scuola di Kista. I mezzi di informazione fanno fatica a raccogliere dichiarazioni dei partecipanti agli scontri ma la radio pubblica SR è riuscita ad avvicinare un giovane che, sotto lo pseudonimo di Kim, ha detto di aver agito in segno di protesta contro la disoccupazione e il razzismo. “Abbiamo bruciato auto, tirato pietre contro la polizia…E’ una buona cosa, perché ora la gente sa dov’é Husby… e il solo modo per farsi ascoltare”.

Con il 15 per cento della popolazione di origine extraeuropea, con una forza di attrazione dell’immigrazione che negli ultimi anni ha fatto della Svezia il secondo paese più sognato (solo lo scorso anno 44 mila richieste di asilo), il paese scandinavo sembra non reggere più l’impatto e si trasforma, e il parere di molti osservatori, dal simbolo della generosa accoglienza, in una matrigna che relega nelle periferie la maggior parte degli immigrati.

“A poco a poco stiamo diventando come gli altri paesi”, ha osservato Aje Carlbom, antropologo dell’Universita di Malmoe; “Vivere da giovane in quartieri come quelli, può voler dire essere completamente isolati dal resto degli svedesi”, non sentirsi parte di alcuna società. Gli scontri hanno tuttavia avuto il merito di causare una discussione interna nel paese e all’estero hanno fatto mettere in discussione il modello svedese, accogliente, pacifico ed egualitario, se è vero che il polemista francese Eric Zemmour si è chiesto ironicamente se “gli svedesi avessero le loro Clichy-sur-Bois o Villier-le-Bel” riferendosi alle periferie parigine in perpetua ebollizione. Eppure, solo due mesi fa il ministro dell’Immigrazione, Tobias Billstroem, aveva affermato che “la Svezia ha bisogno di rafforzare le leggi per i richiedenti asilo e altri potenziali immigrati, al fine di ridurre il numero di persone che arrivano nel paese”, poiché, aveva rincarato, tale situazione “non è sostenibile”. ansa

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