Per Bersani la proprietà è ancora un furto

di Claudio Romiti

Dunque, come è noto, il Pd di Bersani ha presentato il suo pacchetto di proposte alternative alla manovra correttiva del governo. Una sorta di demagogico libro dei sogni in cui, tuttavia, c’è un filo conduttore: far piangere i ricchi, secondo un’antica vacazione radical-comunista, tartassare tutti gli altri e soffocare il sistema con il vischiano metodo della cosiddetta tracciabilità applicato in modo kafkiano fino a pagamenti di 300 euro.

Il pezzo forte, così come è stato ben delineato con un articolo postato in rete dal Movimento libertario, del citato pacchetto è l’introduzione di una poderosa patrimoniale con la quale il Partito democratico intende ricordare agli italiani che come diceva il socialista romantico Proudhon, la proprietà è un furto.
Infatti, Bersani & company propongono di introdurre una “imposta ordinaria sui grandi valori immobiliari”, con criteri fortemente progressivi.

Ora, rammentando che il loro antico alleato Bertinotti, in merito alla sinistra possibilità di reintrodurre la tassa di successione, considerava pochi anni fa 250.
000 euro una soglia per delimitare i grandi patrimoni, la vaga definizione elaborata dal Pd si presta a molte inquietanti considerazioni. Ma è sullo spinoso tema dei capitali fuggiti all’estero e il cosiddetto scudo fiscale che gli eredi del vecchio Partito comunista raggiungono l’apice del furore tassaiolo.
In barba a qualsiasi opportunità politica e costituzionale, costoro vorrebbero colpire retroattivamente tutti i capitali esportati illegalmente e condonati attraverso lo scudo fiscale con “una patrimoniale una tantum del 15% sull’ammontare complessivo”.

Una mazzata tale, se proditoriamente applicata, da provocare il duplice effetto di far fuggire alla disperata una ingente massa di risorse finanziare dal Paese e, ancor peggio, e di creare un vulnus insanabile nel già molto traballante rapporto di fiducia tra fisco e contribuenti, inoculando nei più il virus della rivolta fiscale. Rivolta fiscale che pure con il capitolo dei controlli e delle follie sulla tracciabilità verrebbe, a mio avviso, incentivata dalle misure di un Pd che sta mettendo sul tappeto tutto il suo armamentario collettivista ed illiberale.

In sostanza, l’idea sarebbe quella di segnalare ad un organo centrale di controllo ogni movimento a partire da mille euro ai fini dell’anti-riciclaggio e, ancora peggio, di impedire il pagamento in contanti, come misura contro l’evasione, per tutto ciò che costi più di 300 euro.
Una misura inconcepibile quest’ultima, a prescindere dalla sua efficacia fiscale, soprattutto in un momento di grave contrazione dei consumi, poiché scoraggerebbe l’acquisto di beni e servizi anche di valore modesto da parte di chi, soprattutto tra la popolazione anziana, è abituato ad utilizzare solo il contante o si trovi momentaneamente privo di assegni e/o carta di credito.

Tutto questo, in conclusione, corrobora l’impressione, se ce ne fosse ancora bisogno, che il Pd sia un partito che basa la sua filosofia di governo, in un’ottica di riequilibrio della finanza pubblica, sul duplice binario di un deciso inasprimento del prelievo e di un forte aumento dei controlli capillari sulle attività economiche e le transazioni di qualunque rilevanza e natura.

In sostanza, un vero partito statalista coi fiocchi il cui trionfale ingresso nella stanza dei bottoni non potrebbe che accelerare notevolmente il processo, peraltro già in atto, di disfacimento della nostra organizzazione economica. A quel punto a Bersani e compagni non resterà che chiedere consiglio al governo cubano sul come uscire dallo stato di penuria in cui tutti gli italiani saranno precipitati.

Claudio Romiti

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