Operazione Greta, un apparato ingente: come lavora la propaganda

di Alessandro Meluzzi

L’operazione Greta, chi si occupa di comunicazione lo sa, ha bisogno di un apparato ingente. Tecnici, cameramen, regia, esperti, tanti soldi, 950 giornalisti, 110 TV, entrature, copertura quotidiana su tutti i TG del pianeta, Davos, Parlamento Europeo, ONU.

E ora il Nobel.

Un’operazione così potente ha bisogno di mezzi ingenti e di essere orchestrata ai massimi livelli. Per ora sono in possesso di tali mezzi solo coloro che dell’inquinamento planetario, di terra, mare, città e aria, sono gli autori. Tutto qui.

I potenti, perché questa è roba loro, pongono il problema. Si chiama Shock economy.

A breve porranno la soluzione. La loro soluzione.

Poi quando leggo “anche a Davos la piccola Greta zittisce i potenti” se penso che ci sia al mondo anche solo una persona in grado di credere che i potenti invitino una ragazzina per farsi zittire, allora perdo le speranze.

Sono quegli stessi potenti che stanno uccidendo 400 bambini al giorno in Yemen, e 22mila al mondo – da sempre – di fame.

Gli stessi che hanno ucciso Sankara e altri ventidue capi africani. E poi Mattei, Moro, Kennedy, Gheddafi, Saddam Hussein. Gli stessi che hanno fatto 228 anni di guerra su 260 di esistenza e 110 colpi di stato.

Quelli che spendono per ogni bambino che muore di fame 60mila dollari al giorno in armi, invece di 60 centesimi per salvarlo.

Quei potenti che in 26 posseggono più dei 3,7 miliardi più poveri.

Costoro, hanno visto Greta, e hanno tremato.

Morto Osama Bin Laden, sparito ISIS, ora c’è Greta.

Al di là dei dati meramente ambientali, questa è stata una poderosa prova di forza mediatica.

Essere stupidi è un diritto, ma questo è un abuso.

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